Dal coma all'oro mondiale in pista, così Claudia si è ripresa la vita

La Cretti vince il titolo iridato paralimpico nel km da fermo. Otto anni fa in una caduta rischiò di morire

Dal coma all'oro mondiale in pista, così Claudia si è ripresa la vita
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Dalla discesa della «zingara morta», nel Beneventano, settima tappa di un Giro d'Italia drammatico che finì con una caduta che la mandò in coma, al Velodromo olimpico di Rio de Janeiro dove ha vinto ben tre medaglie d'oro ai mondiali di paraciclismo il passo non è breve. Non è breve per niente, c'è una vita in mezzo, ci sono anni di paure, di piccoli progressi, di conquiste, di impegno, di tenacia in cui Claudia Cretti si è ripresa il suo sport ma soprattutto si è ripresa la sua vita.

L'azzurra nata 29 anni fa a Costa Volpino, in provincia di Bergamo, due giorni fa ha conquistato il primo oro mondiale della spedizione azzurra e ha anche stabilito il record del mondo nella sua categoria fermando il cronometro nel tempo di 1'12028 a quasi 50 chilometri orari di media. «Sono davvero felice. Ho fatto il record nel km da fermo che tra l'altro è specialità olimpica. Grazie a tutti...» ha commentato emozionata sui suoi social. L'atleta delle Fiamme Azzurre ha dominato la prova mettendo in fila avversarie di altissimo livello: alle sue spalle la neozelandese Nicole Murray (1'13619) e l'argentina Analia Mariela Delgado (1'14629). Ma il primo oro mondiale ha aperto la strada agli altri due, conquistati ieri. Dopo le vittorie nel chilometro e nell'eliminazione, la campionessa si è imposta anche nella velocità WC5, dominando la specialità con una prestazione impeccabile.

Sono questi i traguardi della sua nuova vita, quella che in pratica ha dovuto ricominciare dopo la caduta nel Giro Rosa del 2017 quando finì sull'asfalto ad oltre 70 all'ora.

Era il 7 luglio di otto anni fa e sembrava tutto finito. Tre settimane in coma, due complicate operazioni alla testa e poi una lunga riabilitazione per ricominciare a far tutto anche le cose più semplici: dai primi passi, al mangiare, al bere, alle parole che non ricordava più. Una salita infinita, durissima, di quelle che non ti permettono di immaginare la fine, dove non si scollina mai. E invece no. Nella testa di Claudia, che non aveva nessuna intenzione di rinunciare alla sua vita, ha continuato a «girare» una frase di Alex Zanardi che aveva conosciuto al Coni di Roma durante una premiazione: «Non guardare la metà che non hai ma quella che ti è rimasta» le aveva detto il campione olimpico di handbike raccontando lo schianto nella Formula Indy che gli aveva portato via entrambe le gambe.

Un «motto» che lei ha tradotto, con pragmatismo orobico, in «fai il meglio che puoi con quello che hai». E dà lì è ripartita con l'aiuto fondamentale della sua famiglia che in tutti questi anni l'ha sempre incoraggiata e sostenuta anche quando riprendere a pedalare sembrava impossibile ma pensando, giustamente, che quella fosse la strada per la sua rinascita. Avanti adagio, piccoli progressi ma costanti tant'è che in bici ci tornò sul «serio», a gareggiare come atleta paralimpica con il Team Femminile Born to Win. Lei, che aveva già vinto ai mondiali juniores una medaglia d'argento nell'inseguimento, arrivò nella nazionale paralimpica in categioria C4, quella dove gareggiano atleti con disabilità lievi postumi di traumi cerebrali. E non si è mai arresa, non si è mai fermata. Di volata in volata fino a ritornare a gareggiare nella categoria elite pochi mesi fa. Di nuovo tra le professioniste. Una fissazione. Per tornare dove sognava ha smosso tutto ciò che poteva smuovere e, grazie alla Federazione e al ct della nazionale Paolo Addesi, ha trovato la disponibilità della Top Girls Fassa Bortolo. Una sfida nella sfida.

Che le ha permesso, sull'esempio di un paio di atlete francesi paralimpiche francesi che aveva incrociato ai Giochi di Parigi, di alzare il l'asticella della sua preparazione proprio in previsione dei mondiali paralimpici brasiliani di Rio. E così è andata. Così è arrivato l'oro nel mondiale. Che non è solo una medaglia ma vale una vita.

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