Se quattro anni fa a Chiara Pozzi Giacosa fosse toccato entrare in unaula di tribunale lo avrebbe fatto da sola, con il passo agile di una donna matura e giovanile, magari con la timidezza di chi non è avvezzo a preture e cancellieri. Invece ieri entra in aula aggrappata a un amica, tastando il terreno con il bastone bianco. Perché dal marzo 2004 è cieca. E ieri, davanti al giudice Maria Rosa Busacca, le tocca ascoltare la spiegazione di come e perché un banale intervento plastico, che doveva durare mezzora, le ha spento per sempre la luce. Un piccolo, umano peccato di vanità - ridare vigore alle palpebre superiori appesantite dagli anni - lha precipitata nel buio per il resto dei suoi giorni.
Sul banco dei testimoni cè Fausto De Lalla, uno dei più importanti infettivologi italiani. Il professore parla con chiarezza invidiabile. E per Chiara è forse ancora peggio, perché così le arriva dritto al cuore il racconto di una serie quasi incredibile di casualità, di superficialità, di errori marchiani. Senza questa catena catastrofica, oggi la signora sarebbe ancora nella grazia dei suoi 64 anni dietro il banco della libreria antiquaria di famiglia.
Dietro il banco degli imputati ci sono invece quattro medici della clinica Madonnina, dove Chiara aveva prenotato lintervento di plastica. La clinica ha cercato di sostenere che l'infezione che ha devastato gli occhi della signora sia insorta dopo lintervento, chissà come, quando era a casa convalescente.
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