Sono passati vent'anni, e il Cile ha smesso di aver paura della destra. Dietro si lascia la dittatura di Pinochet, i generali e gli oppositori, i prigionieri politici. Dal 1990, anno in cui è caduto il regime, il Cile è rimasto nascosto tra i partiti di sinistra. La Concentración, la coalizione di centrosinistra è stata al potere fino a ora. Ma oramai, il partito da cui arriva anche la presidente, Michelle Bachelet, non conquista più come un tempo. Oggi il Cile guarda avanti e si prepara a virare a destra. La folla saluta Sebastian Pinera. È lui l'uomo nuovo. L'imprenditore politico che ha studiato ad Harvard, con una famiglia numerosa e potente alle spalle. Pinera è il terzo genito di un ex ambasciatore in Belgio e all'Onu. Suo fratello José è stato ministro del Lavoro sotto Augusto Pinochet, mentre un altro fratello, Miguel, è un cantante che secondo il giornale conservatore, El Mercurio, gli chiede spesso soldi in prestito.
È ricco Pinera, negli anni Settanta ha introdotto in Cile le carte di credito e su questo ha poi fondato la sua fortuna. Lo chiamano il Berlusconi del Cile, è considerato tra gli uomini più ricchi del suo Paese, la rivista Forbes stima il suo patrimonio a 1,3 miliardi di dollari. È anche il principale azionista della compagnia di bandiera Lan Chile, con interessi nei media, nella grande distribuzione e nel mattone. Controlla la tv Chilevision e la squadra di calcio del Colo-Colo. Un fiume in piena, Pinera: nel 1994 ha comprato, assieme alla famiglia Cueto, la Lan, l'ex compagnia aerea pubblica. Oggi è considerato dagli analisti politici l'uomo della svolta. Non sembrano fare paura alla gente i suoi legami con Pinochet, con la destra conservatrice. In campagna elettorale ha promesso un milione di posti di lavoro, l'aumento delle pensioni minime, la costruzione di nuove case popolari e 10mila poliziotti in più nelle strade.
Pinera ci aveva già provato nel 2005, ma allora era stato battuto al secondo turno da Bachelet. Le elezioni di ieri lhanno consacrato: secondo le proiezioni, confermate dai primi dati parziali, ha ottenuto il 44-45% dei voti a fronte del 30-32% del democristiano Eduardo Frei, candidato della Concertación, coalizione di centrosinistra, che sarà dunque lo sfidante nel ballottaggio del 17 gennaio.
Il merito è quello di aver dato un volto rassicurante alla destra. Pinera ha infatti promesso di rispettare le misure del welfare adottate dai governi recenti e di non rimettere in discussione il duro lavoro della Bachelet. La presidente esce di scena al vertice della popolarità, con il 77 per cento dei cileni che approvano quanto fatto per il Paese. Lei, la donna che all'inizio insospettiva la parte del Paese più maschilista e più conservatrice, alla fine ha vinto la sua sfida. Il Cile è riuscito con una politica economica e sociale aggressiva ad affrontare i contraccolpi della crisi.
Quello che in queste elezioni non convince invece sono i suoi successori, i candidati di sinistra. Il principale sfidante, l'ex presidente Edoardo Frei, non è riuscito a ereditare la grandissima popolarità della Bachelet. Non solo. Il fronte di centro sinistra si è spaccato tra Frei, l'indipendente Marco Enríquez-Ominami (ieri sera accreditato del 17-18%) e l'esponente della sinistra extraparlamentare Jorge Arrate (intorno al 5%). Gli elettori sono delusi: il centrosinistra non è riuscito a ridistribuire il dividendo miliardario della produzione di rame, di cui il Cile è il primo produttore mondiale. Pinera lo sa e sfrutta tutte le sue carte. Al centro sinistra è riuscito a scippare anche i temi più classici. È stato lui a volere che nel suo spot elettorale dove si vede una coppia gay mano nella mano. Dall'altra parte Frei ha scelto una coppia di lesbiche che si baciano. Ma a quel punto la scelta di Frei è sembrata solo una rincorsa. Pinera cavalca l'onda. Nei suo comizi di piazza ha parlato con disinvoltura di omosessualità, di aborto, di pillola del giorno dopo.
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