Una cimice nell'alcova di Carlo e Camilla

La cimice nalla villa fuori Londra dove il principe incontrava l'amante. Da qui nel 1989 Carlo telefonò a Camilla e le disse tra un sospiro e l’altro: "Vorrei essere il tuo tampax"

Una cimice nell'alcova di Carlo e Camilla

Londra - I servizi segreti di Sua Maestà smentiscono sdegnati ma ormai non ci sono più dubbi: qualcuno aveva messo una una cimice nel telefono della villa fuori Londra dove il principe Carlo incontrava furtivamente l’amante Camilla (dal 2005 sua seconda moglie) verso la fine degli Anni Novanta, quando era ancora regolarmente sposato con Diana. E Carlo era proprio in quella villa quando nel 1989 telefonò all’amante Camilla e nel corso di una famosa e famigerata conversazione telefonica le disse tra un sospiro e l’altro: "Vorrei essere il tuo tampax".

Il retroscena è venuto a galla durante un’udienza dell’inchiesta pubblica sulla morte di Diana, in corso all’Alta Corte di Londra, dove questa settimana sono stati di scena ex-capi ed ex-capetti dei servizi segreti, in particolare dell’MI5 e del GCHQ. Quest’ultimo è specializzato in intercettazioni elettroniche ed è quindi inevitabilmente il primo ad essere tirato in ballo quando si parla di chi mai negli Anni Ottanta si prendesse cura di spiare la vita amorosa dell’erede al trono. Di sicuro c’è che nell’aprile del 1993 lord Fellowes - all’epoca segretario privato della regina Elisabetta - si disse in possesso di prove incontrovertibili sulla «manomissione» del telefono fisso a Eaton Hall, una villa nella campagna dello Cheshire appartenente ad un amico del principe Carlo, il ricchissimo duca di Westminster. In quella magione il principe si appartava lontano da occhi indiscreti con il primo e indimenticato amore Camilla. E lì si trovava una sera del 1989 quando fece a Camilla l’appassionata telefonata del tampax.

In effetti sembra che per quella conversazione Carlo si servì di uno dei primi cellulari Motorola in circolazione ma la «manomissione» della linea fissa fu accertata dalle indagini a tappeto ordinate nel 1992 dalla regina Elisabetta quando il nastro con la conversazione di tre anni prima tra Carlo e Diana divenne di dominio pubblico grazie agli assatanati tabloid londinesi e diede alla stura allo scandalo "Camillagate". La sovrana voleva sapere da dove arrivassero quelle imbarazzanti intercettazioni che mettevano in pessima luce la famiglia reale, se ci fosse lo zampino di servizi segreti deviati. E volle che tutte le residenze reali fossero accuratamente ispezionate alla ricerca di eventuali cimici.

A capo delle lunghe orecchie di GCHQ dal 1989 al 1996, sir John Adye ha testimoniato ieri all’Alta Corte e ha negato un qualche coinvolgimento dei servizi segreti nella registrazione e diffusione delle conversazioni telefoniche tra Carlo e Camilla e di quelle tra Diana e i suoi numerosi amanti. Ha definito «insensate» le tante insinuazioni fatte.

Ha spiegato che per intercettare membri della famiglia reale avrebbe dovuto chiedere una speciale autorizzazione al capo del Foreign Office ma che mai e poi mai fece questo passo. Non vede ragione perchè mai il governo di allora (al comando di Downing Street c’era in quegli anni la dama di ferro Margaret Thatcher, ultra-monarchica) volesse spiare i Windsor.

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