da Milano
«Toto non ha i soldi. LAlitalia ce la prendiamo noi» ha esclamato, uscendo dalla sala dellassemblea quel Paolo Alazraki che con il suo fondo Wonders and Dreams fu il primo, nel dicembre dello scorso anno, a esporsi sullinteresse per Alitalia; in breve la sua corsa svanì, ma ora dimostra di essere sempre lì in attesa che la gara per la privatizzazione vada in fumo, per ricandidarsi allacquisto (con quale reale consistenza, difficile da dire). Alazraki è stato ieri uno dei protagonisti dellassemblea (ordinaria e straordinaria) di Alitalia non tanto per la lunga raffica di domande rivolte al presidente Berardino Libonati (che per tutta la seduta lo ha chiamato Alakrazi), quanto per la richiesta esplicita di unazione di responsabilità nei confronti dellintero consiglio di amministrazione decaduto il 17 gennaio del 2007 e, in particolare, «nei confronti di Giancarlo Cimoli e di Jean Cyril Spinetta», considerati da Alazraki i due principali responsabili del disastro registrato dal bilancio 2006. Libonati, con aplomb, ha ammesso al voto la proposta nonostante la sua irritualità; questa tuttavia - comera scontato - è stata respinta con il 99,99% dei voti.
Gli azionisti di Alitalia hanno approvato il bilancio 2006, finito con perdite per 606 milioni, e hanno votato il ricorso alle riserve per ridurlo a 464 milioni. La decisione di rinviare al prossimo esercizio le perdite accumulate fino al 31 marzo 2007 è stata presa «per tenere conto degli sviluppi che nel frattempo interverranno anche in relazione alla procedura di vendita».
I soci, infine, hanno approvato (in sede stroardinaria) alcune modifiche dello statuto, con riferimento alla governance, «necessarie per adeguarne il contenuto alle variazioni normative intervenute».
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