La Cina bastona anche l’Europa «Sul Tibet fatevi gli affari vostri»

Pechino risponde alla mozione dei ministri degli esteri Ue: «Non accettiamo interferenze»

da Atene

La Grecia ha consegnato ieri la fiamma olimpica alla Cina e ha tirato un sospiro di sollievo. A bordo di uno speciale Airbus A330 dell’Air China, la Torcia olimpica si è staccata dal suolo greco alle 18.20 locali, le 17.20 a Roma, iniziando la prima tappa della lunghissima traversata che fino all’8 agosto porterà la fiamma a sfilare in 20 nazioni. Anche l’ultimo giorno in Grecia, blindato da straordinarie misure di sicurezza, le più severe messe in atto da quando è stata introdotta la torcia olimpica nel 1936, ha visto un piccolo gruppo di attivisti cercare di impedire alla fiamma olimpica di raggiungere lo stadio di Atene, dove le autorità cinesi l’hanno presa in consegna, ma sono stati bloccati dalla polizia. «Tra 130 giorni iniziano le Olimpiadi, noi e le altre nazioni del mondo attendiamo con trepidazione questo momento», ha detto il capo del comitato olimpico cinese Lui Qi, facendo finta di niente, prima di ricevere la fiamma. E soltanto pochi minuti prima, alcuni dimostranti che sventolavano bandiere del Tibet e gridavano «Tibet libero» e «Via la Cina dal Tibet» avevano cercato, senza riuscirci, di rompere il cordone di poliziotti e bloccare il tedoforo prima che entrasse nello stadio, costringendo la polizia ad arrestare 21 persone, poi rilasciati in giornata.
Durissima anche la Cina comunque contro la pur blanda presa di posizione sulla repressione in Tibet da parte dell’Unione europea, i ministri degli Esteri dei cui Stati membri riuniti in Slovenia hanno lanciato un appello al regime della Repubblica popolare per un «dialogo costruttivo» con i manifestanti tibetani, escludendo però qualsiasi ipotesi di sanzioni economiche e lo stesso boicottaggio della cerimonia d’apertura ai Giochi. Un portavoce del ministero degli Esteri cinese, Jiang Yu, ha infatti espresso il «forte malcontento» del suo governo rispetto all’atteggiamento assunto dai Ventisette. «Il Tibet è un affare completamente interno della Cina», ha tagliato corto Jiang, citato dall’agenzia di stampa ufficiale Xinhua. «Nessun Paese straniero o organizzazione internazionale ha il diritto d’interferire al riguardo».

Anche se poi il premier Wen Jiabao si è premurato di far sapere che «i canali per il dialogo tra il governo cinese ed il Dalai Lama sono sempre aperti, a condizione che abbandoni la richiesta di indipendenza per il Tibet e usi la sua influenza per fermare la violenza». Senza dimenticare di ricordare che «sia il Tibet che Taiwan come parti inseparabili della Cina».

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