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Cina e censura: sei anni di carcere a web-redattore

Prosegue la censura in Cina. Un tribunale di Ningbo, nella provincia orientale costiera di Zhejiang, ha riconosciuto colpevole di "sovversione" Zhang Jianhong, meglio noto sulla rete con il suo pseudonimo Li Hong

Cina e censura: sei anni 
di carcere a web-redattore

Pechino - Un tribunale cinese ha condannato il redattore di un portale Web di informazione a sei anni di reclusione per aver incitato alla sovversione pubblicando saggi anti-governativi, in quella che è solo l'ultima di una lunga serie di misure punitive contro i dissidenti. La Corte Mediatrice della Gente di Ningbo, nella provincia orientale costiera di Zhejiang, ha riconosciuto colpevole Zhang Jianhong, meglio noto sulla rete con il suo pseudonimo Li Hong, per aver "incitato a sovvertire il potere dello Stato", secondo quanto riferito alla Reuters dal suo legale Li Jianqiang. "La sentenza è troppo pesante", sostiene al telefono l'avvocato. "Le accuse secondo cui Li Hong avrebbe attaccato il governo con i suoi articoli critici sono completamente senza senso. Tutto quello che ha fatto è stato esercitare la sua libertà di espressione che viene garantita nella costituzione cinese".

Zhang è stato arrestato a settembre dell'anno scorso e il suo sito Internet "Mar Egeo" è stato chiuso. Per ora non è stato possibile avere un commento dai funzionari del tribunale. Non si tratta del primo caso nel Paese di misure severe adottate contro i dissidenti, vittime di un giro di vite attuato delle autorità. La Cina è il primo stato in fatto di giornalisti condannati, con almeno 32 di loro che sono rinchiusi in carcere assieme a 50 attivisti sulla Rete, secondo i dati diffusi dall'associazione francese per la libertà di stampa Reporter Sans Frontières, che ha sede a Parigi.

Ad agosto, un tribunale di Pechino ha condannato a cinque anni per spionaggio un reporter che lavorava ad Hong Kong per il giornale Straits Times di Singapore, pochi giorni dopo che un altro tribunale aveva condannato a tre anni un ricercatore cinese al servizio del New York Times per frode, facendo però cadere un'accusa più grave: quella di aver fatto trapelare illegalmente segreti di stato.

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