Carissimo Granzotto, ma come? Il Dalai Lama - rappresentante religioso in esilio e non politico di un popolo massacrato brutalmente dal regime comunista cinese da più di 69 anni - va negli States (ora democraticissimi, visto il presidente nero Yes we can), e il signor Obama (grandissimo difensore dei diritti civici mondiali) non lo riceve? Non lo fa ricevere neanche da Michelle & pargole? Ma solo da un rappresanticchio del governo? Tutto questo per non «irritare» la Cina, con la quale gli States (e tutto lOccidente, ahimè, per meri schifosi interessi economici) vogliono tenere aperti canali commerciali imponenti? Vergogna Obama! Mi fa pena, grande tenerezza e rispetto il Dalai Lama, che da decenni e decenni gira il mondo per fare sentire lunica voce libera di un Popolo (e che Popolo!) che ora non esiste quasi più (vedere la recente linea ferroviaria che porta a Lasha cinesi addottrinati in quantità, per sostituire quel poco poco di veri tibetani oramai sopravvissuti colà). Ma Obama hai forse mai letto «Sette anni in Tibet»? Bastava forse quella lettura a fargli ricevere il Dalai Lama. Che tristezza gli Usa «campioni» di democrazia...
Ma guardi, caro Lodi, che «Sette anni nel Tibet» Obama lha letto. O se non lo ha fatto, di certo avrà visto il film, magari in compagnia della sua Michelle e delle pupe. Ma crede lei che un libro o un film contino qualcosa per un tipino furbo a affabulatore qual è il presidente degli Stati Uniti? Che a parte la pigmentazione cutanea sempre più va assomigliando a quel fenomeno di Jimmy Carter: un simpatico giuggiolone che non sapendo mai che pesci prendere le sbagliava tutte. Il fatto è che pur ammettendo, senza se e senza ma, che è very very cool, che si muove come e meglio di George Clooney nei panni di Danny Ocean, che ha una parlantina che lèvati e che insieme a Michelle fanno una figurona, al dunque sembra sempre che a Obama gli manchino. Quei cosi là. Non dico che debba continuamente gettare il cuore oltre lostacolo, anche se da un uomo impegnato a rivoltare il mondo per portarvi lordine, larmonia, la giustizia, la fratellanza e la pace uno se lo aspetterebbe. Però, con tutta la cautela possibile, andandoci coi piedi di piombo, un po di coraggio potrebbe anche darselo. Mentre a tuttoggi la cosa più ardita che ha fatto è stata quella di inviare al regime iraniano la videocassetta di un suo accorato (e «storico») appello a stringersi tutti per mano e fare il girotondo. Non credo, sa, caro Lodi, che il rifiuto di Obama di incontrare il Dalai Lama sia stato motivato da preoccupazioni di carattere mercantile. Ci scorgo più una esigenza di immagine, faccenda alla quale Superbarack tiene moltissimo e oggi più che mai visto il continuo decrescere del suo indice di gradimento. Il mese prossimo Obama compirà infatti il suo primo viaggio ufficiale in Cina, dove intende essere ricevuto come il più grande dei grandi, in un clima di calorosa deferenza che il tête-à-tête con il Dalai Lama avrebbe potuto seriamente compromettere. Un Hu Jintao che laccoglie gelidamente avrebbe intorbidito la sua impronta messianica: ed è quello il pericolo che ha inteso scongiurare voltando le spalle al Dalai Lama. E pensare che ciò che non ha avuto il coraggio di fare Obama lo fece, petto in fuori e testa alta, George W. Bush. Ricevette il Dalai Lama - cosera? Il 2005? - e giusto prima di recarsi a Pechino. In quelloccasione il governo cinese protestò violentemente accusando il presidente americano di «gravissime interferenze negli affari interni cinesi», però Bush se ne fece un baffo.
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