Le bandiere del libero Tibet che compaiono in ogni manifestazione contro il governo di Pechino? Naturalmente, e non poteva essere altrimenti, sono «made in China». A rivelare lultimo sorprendente effetto della globalizzazione dei sistemi produttivi è un giornale di Hong Kong, il Ming Pao, che ha riferito di una razzia portata a termine nei giorni scorsi dalla polizia cinese in una fabbrica della regione del Guangdong, la provincia meridionale del Paese. Le forze di sicurezza hanno trovato la fabbrica in piena produzione con decine di migliaia di vessilli tibetani già imballati e pronti a prendere la via dellexport mentre decine di spedizioni erano già state effettuate.
La soffiata che ha messo sul chi vive i poliziotti sarebbe arrivata da un operaio: insospettito nel vedere alla televisione le bandiere prodotte nellazienda sventolate a ogni tappa del percorso della fiaccola olimpica luomo avrebbe avvertito le forze dellordine. Gli altri dipendenti, interrogati, avrebbero negato di conoscere il significato politico di quello che producevano: «pensavamo fossero solo bandiere colorate». Quanto al proprietario della fabbrica la sua linea di difesa è simile a quella dei collaboratori. Si è limitato a dire che lordine era arrivato dallestero e che non aveva idea che il vessillo fosse al centro di una questione internazionale. La bandiera tibetana, nota come «Vessillo del leone delle nevi», mostra un sol levante che emette raggi rossi e blu e sotto due leoni bianchi. Simbolo nazionale dal 1912, fu messa al bando dalla Cina dopo linvasione del 1950.
Non si conoscono i provvedimenti presi a carico dellimprenditore, mentre la polizia pensa che anche altre fabbriche della regione siano impegnate nella produzione di bandiere tibetane. Per questo ha intensificato i controlli verso Hong Kong, prossima tappa nel percorso della fiaccola.
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