Cina, "tregua armata" nello Xinjiang

I soldati cinesi battono a tappeto ogni strada, gli elicotteri volano a bassa quota. C'è un clima di calma apparente dopo gli scontri dei giorni scorsi che hanno causato 156 morti

Cina, "tregua armata" nello Xinjiang

Urumqi - Migliaia di soldati in assetto da guerra controllano oggi le strade di Urumqi, nel nordovest della Cina, tornata alla calma dopo il massacro del fine settimana scorso nel quale almeno 156 persone hanno perso la vita in scontri a sfondo etnico. Elicotteri dell’esercito passano spesso, volando a bassa quota, sui quartieri centrali della città, quelli nei quali si sono verificate le peggiori violenze che prima hanno visto manifestanti della minoranza etnica degli uiguri scontrarsi con le forze dell’ordine, poi attacchi e contrattacchi tra uiguri e cinesi dell’etnia Han.

Calma apparente I commercianti hanno riaperto i loro negozi e, riferiscono residenti della città, per la prima volta da quattro giorni Urumqi ha riassunto un aspetto normale. Resta da vedere se e con quali tempi potrà tornare la concordia tra le due principali comunità di questa città di 2,3 milioni di abitanti, più di tremila chilometri a nordovest di Pechino.

Pena di morte per i ribelli Ieri un alto dirigente del Partito comunista locale, Li Zhi, ha annunciato una raffica di condanne a morte contro coloro che si sono macchiati in questi giorni di "gravi crimini". La polizia ha arrestato oltre mille persone, tutte di etnia uighura. La maggioranza della popolazione di Urumqi è composta da cinesi Han mentre gli uighuri, gli abitanti originari della regione, sono circa il 12%.

Per gli uiguru 800 i morti Sono circa 800 gli uiguri vittime delle violenze di questi giorni nella regione Xinjiang. Lo denuncia, in Italia, il leader uighuro Erkin Alptekin.

"Per le autorità cinesi le persone uccise sono state 160, mentre le nostre fonti interne parlano di circa 800 morti - ha detto in una conferenza a Montecitorio - così come per i 1.500 arresti, a noi ne risultano invece 3.000". 

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