Cinema in crisi: meno 18 per cento di incassi

Gli esercenti chiedono aiuto. Il ministro Buttiglione risponde: «Serve una strategia a lungo termine e una piattaforma comune europea»

Cinema in crisi: meno 18 per cento di incassi

Michele Anselmi

da Roma

Sembra un bollettino di guerra. Sul fronte degli incassi i primi 20 giorni di giugno dicono: meno 17,8% alla voce incassi, meno 18% alla voce presenze. Neanche Batman begins ha compiuto il miracolo di raddrizzare le cifre. Non resta che sperare in La guerra dei mondi, con la coppia Spielberg-Cruise, che esce il 29. Alla Uip, che lo distribuisce, ipotizzano un incasso 15 milioni di euro. Con l’aria che tira, sarà grasso che cola se arriverà a 10.
È in questo allarmante contesto che s’è aperta a Roma, all'Auditorium di Santa Cecilia, la 28esima edizione delle Giornate professionali del cinema, appuntamento annuale per esercenti e distributori. Aria da convention, tra anteprime gustose (The Interpreter di Sydney Pollack con Nicole Kidman, Match Point di Woody Allen), biglietti d’oro ai campioni del box-office (ieri sera la cerimonia condotta da Carlo Conti), maratone di trailer e listini. Ci saranno anche Boldi e De Sica, che - per contratto - hanno fatto pace, quindi scherzeranno sul tema di Natale a Miami. Idem faranno Verdone e Muccino jr, padre e figlio in Il miglior nemico; mentre tutti gli esercenti cercano di accaparrarsi Mr. e Mrs. Smith con la coppia hot Pitt-Jolie.
Intanto, però, c'è da superare l'estate. E sono guai. «Il 2005 doveva essere l'anno dei record, invece ci siamo ritrovati nella crisi più nera» ammette il presidente dell'Anec Walter Vacchino. Il quale snocciola i dati dei primi 5 mesi, rispetto al 2004: meno 14 a gennaio, meno 14 a febbraio, più 9 a marzo, meno 22 ad aprile, meno 33 a maggio. L'unico segno più, quello di marzo, lo si deve a Manuale d’amore, che coi suoi 14 milioni di euro ha rialzato la media.
Difficile stabilire di chi è la colpa. Dei film con minore appeal? Del carovita che incide alla terza settimana? Della pirateria? Eppure, ricorda Vacchino, «è la sala che determina il valore dei film anche nelle successive fasi di sfruttamento». Gli fa eco Richard Borg, presidente dei distributori: «Va salvata la sala come forma primaria di fruizione, non necessariamente con l'aiuto dello Stato. E bisogna farlo capire ai giovani».
Pare facile. Lo sa bene il ministro Buttiglione, il quale, portando il saluto del governo alle Giornate, non nasconde la gravità del momento. Nondimeno, ribadisce: «Noi crediamo nella funzione del cinema come autocoscienza della nazione». Il che significa fare dei film materia da «eccezione culturale», per sottrarli ai parametri di Maastricht in vista di una comune strategia europea. «Non è in un ghetto che si può vivere» avverte il ministro, annunciando incontri coi colleghi francesi, tedeschi e inglesi e nuovi tavoli di concertazione per elaborare regole a difesa del cinema europeo «contro la concorrenza americana». Per il ministro-filosofo, «come per il vino, ci sono annate più buone e meno buone» e del resto «la società continua a essere catturata da quella grande rielaborazione dell'immaginario che è il cinema»: eppure qualcosa sembra essersi rotto nel rapporto tra pubblico e sala, a vantaggio di un uso più «privato e casalingo» dei film. Fenomeno «non distruttivo in sé», a patto di mettere a punto «norme più efficaci sull'intervallo temporale tra uscita in sala e dvd».
La platea applaude, anche se in molti vorrebbero ricordare al ministro che gli 800.

000 euro stanziati per sostenere la campagna «Estate al cinema» rischiano di essere poca cosa di fronte all’eccezionalità della situazione e soprattutto che senza il tax-shelter, tante volte promesso, la macchina industriale non si rimette in moto. Peccato che Buttiglione abbia un altro impegno. Le domande dei cronisti resteranno inevase.

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