«I dati che abbiamo sono abbastanza confortanti, dovrebbe svegliarsi questo James... come si chiama Camerun (sic!)... e il 26 mattina dire: Ma chi cazz'è sto Zalone?». Ogni riferimento al terzo capitolo di Avatar di James Cameron ora nelle sale è puramente non casuale nelle parole di Luca Medici, in arte Checco Zalone, ieri alla conferenza stampa di presentazione del suo nuovo film, Buen camino, in uscita con Medusa, che produce insieme a Indiana Production con un costo di produzione impressionante di 28 milioni di euro, in più di mille copie il 25 dicembre e già domani, a mezzanotte, in alcune sale del circuito The Space Cinema. Su di lui, cinque lunghissimi anni dopo Tolo Tolo che, all'inizio del 2020, interrotto dalla pandemia, aveva totalizzato «solo» 46,2 milioni di euro, tutto il peso dell'andamento del cinema italiano: «Inutile essere ipocriti, ci aspettiamo di fare i soldi. I produttori dicono che è tutto il comparto che può beneficiare di questo», aggiunge Zalone che, al cospetto dei giornalisti, è sempre un po' a disagio: «Io questa roba qui la vivo malissimo, l'idea di ritrovare tutti voi, dire anche cose banali. Per questo faccio un film ogni 5 anni. Spero che moriate tutti...».
Nel frattempo è tornato a lavorare con il regista e sceneggiatore Gennaro Nunziante dopo la parentesi dietro la macchina da presa di Tolo Tolo ma, assicura Zalone, «non abbiamo mai litigato, capita che si prendono strade diverse, poi Bari è piccola e ci siamo rincontrati». Buen camino riprende il tono dei loro film precedenti, dal primo Cado dalle nubi a Che bella giornata a Quo vado? e Sole a catinelle e, come quest'ultimo, mette al centro un padre e un figlio. Per la precisione ora Checco, nullafacente figlio di un ricchissimo produttore di divani, viene chiamato dalla ex moglie Linda (un'irriconoscibile Martina Colombari) per cercare Cristal («Come lo champagne!»), la figlia adolescente scomparsa. Questa prima parte riprende i tic di Zalone contro il radicalchicchismo con il nuovo compagno della ex moglie, Tarek, che fa il regista impegnato in teatri vuoti ma vive nella casa pagata da Zalone: «Sei l'unico palestinese che occupa un territorio. A Gaza mia». Una volta scoperto che la figlia (Letizia Arnò) ha intrapreso il Cammino di Santiago di Compostela, Zalone prende armi e Ferrari e la raggiunge. In novanta minuti tondi tondi la storia on the road diventa l'occasione per Checco di conoscere un mondo a lui lontanissimo («Non siete pellegrini ma malati psichiatrici») perché abituato a viaggiare in Ferrari («Faccio il cammino di Maranello, più comodo e più bello) o nel suo panfilo Zalonius II (quindi ce n'è anche un altro...) dove l'aspetta la sua compagna «il nuovo modello di modella che sa anche parlare» nata a Città del Messico («È molto riservata, non dice di quale città») che lo chiama disperata perché c'è un problema gravissimo, s'è rotta la macchina del ghiaccio.
Nelle tappe del viaggio in Spagna Zalone ha modo di lanciarsi contro il politicamente corretto perché, dice ai giornalisti, «preferisco l'intelligentemente scorretto» e così ecco che, una sera con i pellegrini, racconta la tragedia dell'11 settembre 2001 quando ha trovato chiuso il negozio di orologi preferito a New York oppure quando vede i letti a castello di un ostello dice che gli ricordano Schindler's List. Poi, prima si preoccupa che la figlia voglia farsi suora («Così se muoio tutti i miei soldi se li prende senza fare un cazzo sto Leone che è appena arrivato»), mentre rimane a bocca aperta per un minuto intero quando scopre una sua possibile tendenza queer. Come una sorte di Virgilio, accanto a lui c'è Alma (la brava attrice spagnola Beatriz Arjona) che cristianamente prende a cuore questo difficile rapporto tra padre e figlia per ricomporlo.
«È una storia che può apparire anche ruffiana confida Zalone ma la ragazza è in cerca di valori autentici non come le mie figlie, ne ho una di 13 e l'altra se non erro di 10, che passano il tempo sul cellulare».
Sugli accenni autobiografici gli fa eco Nunziante: «Io ho tre figlie ma da un pezzo viviamo in una società senza padri così il film risponde a una domanda semplice con quest'uomo che parte come padre e non lo sapeva e torna sapendo di esserlo».