Un concorso patriarcale: ecco la solita polemica woke sul Festival di Venezia

"Alla Mostra le donne non esistono" titola Repubblica. Ma le registe non sono dei panda e non hanno bisogno di quote

Un concorso patriarcale: ecco la solita polemica woke sul Festival di Venezia
00:00 00:00

“Non mi lamenterò mai più degli eccessi della cultura woke”. Inizia così – e non è un bel presentimento – l’articolo firmato da Elena Stancanelli per Repubblica. Il titolo sdegnato non lascia grandi margini di interpretazione:Alla Mostra di Venezia le donne non esistono. Se il criterio è la qualità, siamo tutte senza talento”. Sì, riecco la polemica sul concorso del Festival diretto da Alberto Barbera, riecco l’ennesima battaglia woke, che equipara le donne ai panda in quanto bisognose di quote.

La rabbia è presto spiegata: non ci sono registe donne tra i cinque film italiani in lizza per il Leone d’Oro. E nemmeno registe al timone delle tre serie tv fuori concorso. E nemmeno al timone del film di apertura. “Cosa penseranno gli artisti stranieri che arriveranno a Venezia? Rideranno, probabilmente, si vergogneranno per noi. Ci tratteranno come i trogloditi che siamo” il j’accuse della Stancanelli, che ha poi rincarato la dose con un accenno ai femminicidi: “In nessun altro paese al mondo qualcuno oserebbe proporre una selezione simile. Non per correttezza politica, ma per razionalità. Ma voi in Italia non ce le avete le donne? Le avete ammazzate tutte? Sono tutte senza talento? Sarebbe bello se qualcuno di questi artisti, in conferenza stampa, ne chiedesse conto”. E via con il vittimismo, un riferimento al governo della destra e così via. Sì, perché la Stancanelli afferma anche che “anche la qualità, come i grattacieli di Milano, subisce i condizionamenti della politica. E la politica quest’anno ha deciso che le donne in Italia non esistono”.

Qualche precisazione: i numeri delle registe selezionate nei Festival è sempre stato critico. Non per il patriarcato, non per il complotto meloniano. Anzi, negli ultimi anni la presenza di donne in concorso a Venezia (e a Cannes, perché anche lì hanno lo stesso problema) è cresciuto: ci sono state edizioni con uno o due film diretti da una regista. Quest'anno sono sei, tutte straniere purtroppo (Kathryn Bigelow, Valérie Donzelli, Ildikó Enyedi, Mona Fastvold, Shu Qi e Kaouther ben Hania). Ma il problema sta a monte, riguarda l’accesso delle donne alla regia. E i Festival non hanno potere su questo. Anzi, spesso una kermesse può fornire una chance a quelle autrici che hanno difficoltà a reperire finanziamenti. Forse la Stancanelli non sa che l’anno scorso in concorso a Venezia c’erano Giulia Louise Steigerwalt con “Diva Futura” e Maura Delpero con “Vermiglio” (premiato con il Leone d'argento). Due opere seconde.

Ma il politicamente corretto è così, è la battaglia del titolone, della polemica, dell’attacco. Ed ecco il discorso delle quote, del 50-50%. Perché secondo certi ragionamenti un direttore di un festival cinematografico deve selezionare un film solo perché è diretto da una donna, a prescindere dall’effettività qualità. Una tesi stupida, una castroneria visibile a occhio nudo. Nonché una linea offensiva proprio nei confronti delle donne, che passerebbero per raccomandate.

In conclusione ecco le parole di Barbera, che confermano pienamente la sterilità e la pretesuosità della polemica: “Non c'è stata alcuna volontà di escluderle dice il direttore della

Mostra basti a dimostrarlo che abbiamo cinque film in concorso di registe di altre nazionalità; purtroppo, ancora oggi le donne dietro la macchina da presa in Italia sono ancora, ma anche altrove, un numero esiguo”.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica