La famiglia Day-Lewis: il figlio dirige, Daniel stupisce

Con "Anemone" il tre volte premio Oscar torna sullo schermo dopo 8 anni. E si conferma il migliore

 La famiglia Day-Lewis: il figlio dirige, Daniel stupisce
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Sono trascorsi otto anni dalla sua ultima interpretazione ne Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson e c’era chi temeva che non sarebbe più tornato al cinema. Daniel Day-Lewis, il più grande attore della sua generazione, una manciata di titoli alle spalle ma addirittura tre premi Oscar ( Il mio piede sinistro , Il petroliere e Lincoln ) e altrettante candidature, un record imbattuto, invece è tornato davanti alla macchina da presa solo perché, scherza ma non tanto, «c’era mio figlio». Ma poi argomenta: «Mi ero allontanato da questo mondo del cinema anche se cercavo sempre un progetto che fosse intimo, più piccolo». Eccolo. Insieme a Ronan Day-Lewis, autore di Anemone presentato ad «Alice nella Città», sezione autonoma della Festa del Cinema di Roma, e scritto da padre e figlio insieme, l’attore ha tenuto due incontri proprio sul rapporto padrefiglio che è anche il fulcro di questo tesissimo film al cinema dal 6 novembre. La storia si concentra su due fratelli che, dopo vent’anni, si rincontrano. Ray, ex militare che combatteva l’Ira, vive da eremita nel boschi dello Yorkshire.

Il fratello (Sean Bean), che nel frattempo si è sposato con Nessa (Samantha Morton) che è stata anche la compagna di Ray, lo va a trovare perché suo figlio Brian (Samuel Bottomley) sta vivendo un periodo molto complicato e vuole conoscere il mitico zio. Il film, che ha delle pennellate quasi pittoriche quando mostra gli elementi atmosferici e la forza della natura (Ronan Day-Lewis è un artista visivo), è un dialogo profondissimo, quasi da Kammerspiel, tra questi due fratelli e tra questi due grandissimi attori. Sean Bean infatti regge tranquillamente i campi e i controcampi con il mito Day-Lewis a cui viene affidato un incredibile monologo in cui scoppia in lacrime degno di un altro Oscar.

Ma il film riesce a raccontare la fratellanza e la paternità tradita, in qualche modo anche quella della Patria per via delle operazioni ai limiti della legalità dei gruppi militari specializzati nell’antiterrorismo («Mio padre – dice Daniel Day-Lewis – era un nazionalista irlandese come lo sono io ma senza mai giustificare i mezzi orribili di ciascuna parte »), utilizzando scelte linguistiche molto

Una storia di fratellanza e paternità tradita dove si evoca la lotta per l’indipendenza irlandese L’attore: «Sono un nazionalista ma ripudio la guerra»

significative soprattutto in assenza di parole quando i due ballano o fanno il bagno in mare o cacciano insieme. Poi c’è il lato politico, si parla di crimini di guerra ma, dice il protagonista Ray, «è la guerra che è un crimine».

Sembra quasi che si parli di Gaza: «Non sono bravo con le battute brevi e corte, è un argomento che ha bisogno di una discussione lunga. Posso solo dire che sono due popoli mal rappresentati dai rispettivi governi », risponde Daniel Day-Lewis, 68 anni e sempre fermo alla sua ultima interpretazione.

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