The kill team, La vera storia della "squadra della morte" dell'esercito

The kill team è un film che racconta la vera storia di un gruppo di soldati che uccisero numerosi civili afghani con la convinzione di farla franca

The kill team, La vera storia della "squadra della morte" dell'esercito

Uscito nel 2019, The kill team è il film che va in onda questa sera alle 21.00 su Iris. Il film, diretto da Dan Krauss, è tratto da una terribile storia vera che nel 2013 era già stata al centro di un documentario che raccontava una serie di brutalità e omicidi compiuti da alcuni soldati in missione in Afghanistan.

The kill team, la trama

Andrew Briggman (Nat Wolff) è un giovane soldato appena approdato in Afghanistan che, insieme ai suoi commilitoni, ha il compito di individuare le cellure terroristiche presenti sul territorio, di modo da evitare che si trasformino in delle minacce concrete per gli Stati Uniti d'America. Andrew, così come gli altri soldati della sua squadra, risponde agli ordini del sergente Deeks (l'Alexander Skarsgård di True Blood), che all'inizio mostra un fascino e una leadership a cui è difficile resistere. Ma gli ordini del sergente così come le idee con cui cerca di convincere i suoi sottoposti mostrano ben presto il loro lato più crudele e malato. Ecco allora che l'uomo convince gli altri soldati a uccidere quasi indistintamente: non tanto per evitare o annullare una minaccia, quanto piuttosto per ebbrezza di potere, per noia se non addirittura per divertimento. I soldati smettono di essere dei militari e diventano dei criminali. In questa atmosfera sempre più pesante Andrew si rende subito conto che c'è qualcosa che non va nel suo superiore e questo lo metterà non solo in cattiva luce, ma anche nella difficile posizione di capire cosa fare per fermare Deeks prima che rovini per sempre i suoi compagni.

La vera storia dietro il film

"Difendere il proprio paese è un privilegio": questa è una frase che il padre del protagonista gli dice poco prima che Andrew si imbarchi per la sua missione in Afghanistan. Nella narrativa tipica degli Stati Uniti, infatti, non c'è niente che sia tanto degno e tanto motivo d'orgoglio che mettere la propria esistenza al servizio dello Stato: essere pronti a immolare se stessi per un Bene Superiore, che coincide sempre con la supremazia dell'America stessa. La storia della kill team - ossia la squadra della morte - dimostra quanto questa retorica possa essere tossica e ribaltarsi velocemente in una storia dell'orrore, dove l'abuso di potere è all'ordine del giorno. Ma la vicenda raccontata in The kill team dimostra anche la fragilità dei soldati in missione, lo stress post-traumatico con cui sono costretti a vivere pressoché quotidianamente così come la paura di farsi avanti e denunciare, perché esiste sempre il motto secondo il quale bisogna essere sempre fedeli ai propri fratelli del corpo militare di appartenenza. Una situazione in cui una storia come quella di The kill team ha potuto prolificare e, di fatto, avere luogo.

Quelli che poi sono passati alla storia come gli omicidi di Maywand Districs hanno fatto irruzione nell'opinione pubblica nel 2010, quando le maggiori testate giornalistiche - come, ad esempio, Forbes, che ha stilato un resoconto dettagliato degli eventi - riportarono la notizia che una brigata dell'esercito operativa a Kandahar aveva ucciso diversi civili afghani, scattandosi foto con i loro cadaveri come se fosse un selfie di gruppo o, peggio ancora, mutilando le vittime e prendendo parti del loro corpo come se fossero trofei da appendere alla parete. Secondo le ricostruzioni fatte anche dal Rolling Stone, a capo di questi terribili eventi che pesano sulla coscienza dell'esercito statunitense c'era Calvin Gibbs, un soldato venticinquenne che raggiunse la Bravo Company nel 2009 e in poco tempo riuscì a convincere alcuni suoi commilitoni della possibilità di uccidere civili afghani senza pagarne le conseguenze, finché avessero dichiarato che ogni omicidio serviva a neutralizzare una minaccia. Nell'articolo già citato del Rolling Stone si parla anche dell'omicidio di un ragazzino di quindici anni che non aveva niente che potesse essere scambiato per un'arma e che, in seguito, venne descritto come una persona "con un'espressione amichevole e di benvenuto sul viso".

Nel film si vede di come il personaggio di Andrew Briggman non apprezzi affatto il comportamento dei suoi commilitoni e di come cerchi di prendere sempre di più le distanze da quelli che egli reputa chiaramente dei crimini di guerra. The kill team, inoltre, insiste sul dubbio morale del protagonista: che non sa se denunciare quello che sa o rimanere fedele alla sua squadra. Ma le vicende drammatiche lo spingeranno poi nella direzione della giustizia. Ed è più o meno quello che è accaduto anche nella realtà. Il personaggio di Andrew Briggman, infatti, è ispirato al soldato Adam Winfield, che in un messaggio su Facebook a suo padre scrisse: "Ci sono persone, nel mio plotone, che la stanno facendo franca con degli omicidi. Non gli importa di quello che stanno facendo."

Il padre del ragazzo, a sua volta un veterano, svelò le preoccupazioni del figlio riguardo la situazione in Afghanistan, ma a detta dell'uomo le autorità ignorarono la sua denuncia. Più tardi, come si legge su Abc News, l'esercito lasciò una dichiarazione secondo la quale il padre di Winfield aveva sì chiamato la base del figlio, ma non aveva contattato l'ispettore generale dell'esercito stesso, che avrebbe fatto partire subito un'indagine. Nel frattempo Winfield era costretto a subire i soprusi di Gibbs, che lo minacciava di morte o di seppellirlo vivo qualora non avesse mantenuto il riserbo su quello che avveniva in Afghanistan. Temendo per la propria vita, Winfield decise di partecipare all'omicidio di un uomo afghano di quarantacinque anni. Quando un altro soldato denunciò Gibbs e i suoi uomini per il consumo di hashish, Gibbs lo minacciò ugualmente di morte e gli fece trovare due dita mozzate a riprova di quello che era disposto a fare.

Tutti queste denunce portarono finalmente l'esercito a un'indagine che, a sua volta, portò all'arresto di undici soldati. Cinque di loro furono accusati di omicidio per essere stati parte attiva nella cosiddetta kill team. Gibbs è stato condannato all'ergastolo e gli è stata rifiutata la richiesta di appello nel 2018.

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