L'ultima discesa, la vera storia dello sportivo che ha perso le gambe nella neve

L'ultima discesa è il film con Josh Hartnett che racconta la vera storia di un ex giocatore di hockey che fu costretto a sopravvivere nella neve per otto giorni

L'ultima discesa, la vera storia dello sportivo che ha perso le gambe nella neve

Uscito nel 2017 per la regia di Scott Waugh, L'ultima discesa è il film che va in onda questa sera alle 21.04 sul canale 20 Mediaset. Si tratta di una pellicola che ha voluto portare sul grande schermo la storia vera di un campione di hockey che è stato costretto a sopravvivere in condizioni estreme. L'ultima discesa, come si legge anche su Coming Soon, è una storia vera ispirata all'autobiografia omonima dello sportivo Eric LeMarque.

L'ultima discesa, la trama

Eric LeMarque (Josh Hartnett) è un ex giocatore professionista di hockey che deve affrontare i demoni di un passato in cui le sue azioni hanno avuto conseguenze molto gravi. Dipendente dalla metanfetamina e alla costante ricerca di adrenalina che possa aiutare a farlo sentire vivo, Eric decide di concedersi un po' di snowboard sulle montagne della Sierra Nevada. Non si cura affatto degli avvertimenti meteorologici che parlano di una tempesta in arrivo, né si preoccupa più di tanto quando esce dal sentiero segnalato. Ben presto, però, le cose precipitano insieme alle temperature. Eric si trova solo in una natura sempre più feroce: nessuno dei suoi familiari sa dove si trova, nessuno può aiutarlo. Eric è da solo, costretto ad affrontare branchi di lupi famelici, laghi ghiacciati e il peso di ricordi che si fanno sempre più pesanti e pressanti. Mentre le ferite di Eric riportate alle gambe durante la traversata della sopravvivenza si fanno sempre più dolorose e l'infenzione comincia ad espandersi, sua madre (Mira Sorvino) comincia a cercare disperatamente suo figlio, dopo essersi resa conto che la sua scomparsa non è normale.

La storia vera dietro il film

Non è certo la prima volta che il mondo di Hollywood decide di portare sul grande schermo storie vere incentrate sulla sopravvivenza estrema, in cui i protagonisti sono costretti a fare cose inimmaginabili pur di poter tornare a casa e sopravvivere alle intemperie e agli incidenti. Nel 1993, ad esempio, il regista Frank Marshall aveva portato al cinema la storia basata sul disastro delle Ande del 1972, quando un gruppo di sopravvissuti a un incidente aereo rimase intrappolato nella neve per settimane, arrivando a cibarsi dei cadaveri di chi era morto nello schianto o nelle valanghe successive. Nel 2010, invece, Danny Boyle portò sul grande schermo 127 ore, in cui si racconta la vera storia di Aron Ralston, un alpinista rimasto intrappolato in un Canyon che fu costretto ad amputarsi da solo il braccio destro per avere una possibilità di sopravvivenza. L'ultima discesa si inserisce perfettamente nella lista di questo tipo di operazione cinematografica, in cui terribile tragedie e incredibili storie vere vengono portate sul grande schermo non solo per farle conoscere, ma anche per sfamare un voyeurismo morboso e spesso inconscio dello spettatore.

Nato nel 1969, Eric LeMarque è uno di quei personaggi che sembrano aver il destino iscritto nel DNA. Come si legge sul sito Olympics, infatti, il ragazzo cominciò a giocare a hockey in età molto giovane, arrivando a giocare per la Nothern Michigan University nelle stagioni dal 1986 al 1990. Nonostante fosse nato a Parigi e avesse, dunque, la cittadinanza francese, la sua formazione ebbe luogo proprio negli Stati Uniti, che furono i primi testimoni del suo talento e della sua determinazione. Giocò da professionista tra il 1990 e il 1999, facendo parte sia di squadre statunitensi sia di squadre francesi. Tra le varie esperienze sportive fatte sul campo di hockey ci fu anche una breve stagione giocata in Germania, poco prima di prendere la decisione di ritirarsi e cominciare un nuovo capitolo della sua vita. Si trasferì di nuovo negli Stati Uniti, comprando casa a Los Angeles e diventando uno dei tanti allenatori che popolavano la scena sportiva della California.

Tuttavia non è per i risultati sportivi che l'uomo è ricordato, ma per quegli otto giorni che gli hanno cambiato irrimediabilmente l'esistenza. Come si legge sul Los Angeles Times, LeMarque era già dipendente dalla metafentamina e dall'adrenalina che gli veniva dallo snowboard. La sua vita era infatti divisa tra queste due necessità ugualmente primarie. Poi, il 6 febbraio del 2004, proprio durante una "sessione" di snowboard l'ex sportivo finì fuori pista mentre si avvicinava una tormenta: rimase intrappolato tra le montagne innevate della Sierra Nevada a più di tremila metri d'altezza. Proprio come si vede nel film, LeMarque fu costretto a nascondersi sotto la neve o in grotte di fortuna per sfuggire non solo a temperature micidiali, ma anche a branchi di lupi che sarebbero stati più che felici di banchettare con le sue membra stanche. Dopo otto giorni di sopravvivenza estrema, poi, LeMarque è riuscito a camminare per quasi sedici chilometri per scalare la Mammouth Mountain con temperature di molto sotto lo zero, che peggiorarono le condizioni fisiche già precarie dell'uomo.

Ma grazie a questo e alla fortuna di poter usare per qualche istante il telefono per farsi localizzare, LeMarque venne salvato prima di perdere la vita. Tuttavia l'esperienza gli costò cara: entrambe le gambe andarono in cancrena e fu necessario amputarle affinché lo sportivo avesse salva la vita.

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