
Ancora King. Un altro film tratto dalla penna di Stephen King è in sala e in molti lo definiscono un capolavoro. The Life of Chuck, diretto da Mike Flanagan, è tratto dal racconto omonimo pubblicato nella raccolta Se scorre il sangue (2020) dove il Re del terrore fa un ritratto intimo di Charles Krantz: un personaggio sorprendente (Tom Hiddleston), fuori dagli schemi, brillante, il più delle volte assurdo, uno di quelli baciati da una luce ultraterrena che affronta - a causa di un tumore al cervello - gli ultimi giorni della sua vita, nonostante la giovane età. Flanagan - come molti altri registi - si affida alla mente di uno dei più amati scrittori del mondo e viene da chiedersi perché sono così tanti i registi attratti dalla sua immaginazione sconfinata? Parliamo di uomini del calibro di Brian De Palma, Stanley Kubrick, David Cronenberg, John Carpenter, solo per citarne subito qualcuno. Sul grande schermo, torna ancora una volta lui, il leggendario autore della letteratura fantastica e horror capace di concepire trame sempre più ingegnose che non conoscono limiti.
È dal 1976 che l'industria cinematografica ha un riflettore puntato su di lui, da Carrie - Lo sguardo di Satana, passando per Shining dove il protagonista Jack Torrance (Jack Nicholson) ha terrorizzato intere generazioni esibendo una follia senza precedenti tra gli ambienti del leggendario Overlook Hotel. Cult movie - inizialmente poco apprezzato da King - con cui Kubrick ha raggiunto vette che hanno segnato la storia, considerato il miglior horror in assoluto dopo L'esorcista. Un altro cult: Misery non deve morire (tratto dal romanzo Misery), diretto da Rob Reiner è rimasto nella mente delle persone soprattutto per l'interpretazione della protagonista (Kathy Bathes) che per questo ruolo - uno dei più agghiaccianti del cinema - si è aggiudicata l'Oscar; King ha dichiarato alla stampa che tra tutti gli adattamenti cinematografici delle sue opere, questo è uno dei suoi preferiti. Ma qual è il preferito dello scrittore nato a Portland? Parrebbe Il miglio verde, con la magistrale interpretazione di Tom Hanks. Non è possibile fare un riassunto di quella che è stata (ed è ancora) l'opera più prolifica mai esistita con il più elevato numero di adattamenti per il cinema che includono tra gli altri Le ali della libertà e It: dove dimora il pagliaccio (Pennywise) più cattivo mai esistito per il quale un numero considerevole di bambini - da quando ha fatto ingresso sulla terra con la miniserie televisiva del 1990 - si è tenuto alla larga dai tombini, terrorizzati all'idea di vederlo sbucare da una fogna con un palloncino in mano. Si può andare avanti per giorni, anche perché ci sarebbero moltissime altre serie tv, ma il punto è ancora: perché questo grande uomo è il più saccheggiato da Hollywood? Su questo non ci piove: siamo di fronte al genio da cui il mondo del cinema ha preso in prestito più storie in assoluto, pare l'unico scrittore vivente di cui il cinema non può fare a meno. Forse perché non ha mai fatto un passo falso, mai pubblicato un libro approssimativo, mai sottovalutato un progetto. Incassi mozza fiato, personaggi che prendono forma da una mente che ha del soprannaturale, la critica che ogni volta va in estasi, tutti i giornalisti del mondo si affrettano a scrivere dei suoi nuovi libri, i lettori vanno in visibilio per ogni sua opera che arriva nelle librerie. Cos'ha quest'uomo di così speciale? È stato un ragazzo modesto segnato durante l'infanzia dalla scomparsa del padre, un ex professore delle scuole superiori con importanti difficoltà economiche, un uomo che faceva i conti con l'insuccesso (diversi suoi romanzi furono rifiutati dagli editori e non raggiunsero la pubblicazione) ma a un certo punto cosa è successo? Viene notato da una casa editrice che pubblica il suo esordio: Carrie. Da quel momento la sua carriera non si è mai fermata, i successi sono stati sempre maggiori, la sua mente è diventata il laboratorio di idee più interessante e inesauribile della narrativa mondiale.
Il punto è ancora: perché? Cosa c'è nella testa dei questo genio? Forse la capacità di raccontare il male, la parte malvagia che riguarda gli esseri umani, tutti, perché come affermava Kubrick: "c'è qualcosa di intrinsecamente sbagliato nell'essere umano" e questo, Stephen King, lo sa intercettare, tradurre e raccontare meglio di qualsiasi altro essere vivente. Quel lato malvagio della nostra indole, quel lato nocivo, incurabile e pericoloso che appartenente agli esseri umani, è stata la sua materia di studio e lì ha gettato le basi per una carriera incrollabile. King, più di qualsiasi altro, ha capito che a scavare nel lato oscuro della vita si trova la sostanza più attraente e illimitatamente stimolante.
Sempre per quella parte del nostro inconscio a cui inspiegabilmente piace affacciarsi nel torbido, ci ritroviamo a osservare i nostri mostri tutelati dal fatto che quei protagonisti non siamo noi, ma attraverso di loro ci conosciamo più nel profondo.