
La visione è sconsigliata. Punto. Il film documentario San Damiano per la regia di Alejandro Cifuentes e Gregorio Sassoli, è così insostenibile, che si respira a fatica, in apnea tutto il tempo, infinito eppure veloce. Non si respira, perché San Damiano vive dentro di noi, e lo puoi lasciare libero in ogni istante. Nessuna chiesa può contenere questo tipo di santo.
San Damiano, uscito ad aprile, prodotto da Red Sparrow, è un film sugli esseri umani che circondano le nostre periferie, che periferie non sono perché sono intorno alla stazione di Roma Termini. Strada, pieno giorno: Damiano – un polacco con acclarati problemi psichiatrici e protagonista del film - aspira a fare musica. Ha le cuffie con la musica a palla nelle orecchie; Sofia, la sua ragazza, senzatetto come lui, mentre Damiano grida a squarciagola, dichiara il suo amore: "È l’uomo più buono che conosco, ha un cuore grande". Stacco: si attraversava la strada in quel momento, si vedevano solo due reietti della società di cui uno a gridare come un ossesso, invece era una dichiarazione d’amore. Avremmo cambiato strada e perso l’amore anche noi. Ma l’amore fa paura.
Ma come raccontare il caso di San Damiano di Cifuentes e Sassoli? Il film racconta degli ultimi, certo e dovremmo sempre chiederci chi sono i primi. Racconta di un ragazzo polacco, senzatetto, consumato dai suoi incubi che va ad abitare una torretta delle mura aureliane, dove scrive, canta, lotta. Poi lo vediamo spostarsi nella città, e li corrono i brividi: potresti incontrare Damiano e i suoi amici. Fanno paura, come tutti i poveri, sporchi, maleodoranti di vita. E parlano, parlano tanto, sembrano sconclusionati, poi aggrappato ad un lampione di una strada romana, Damiano grida al mondo: "Sono solo, sono solo".
Cifuentes e Sassoli, i registi, non li vedi mai, seguono, anzi vivono con i loro amici, un accesso raro nella follia e nella solitudine dell’essere umano. Non insegnano nulla a nessuno, non predicano, non fanno giochi di camera, eppure dipingono un quadro in altissima definizione dei baratri, continui, del cuore.
San Damiano è un film che grida solitudine e invoca amore. Lo chiede, lo invoca sgrammaticato, impaurito, sporco e ubriaco; tutto chiede amore, qui: lo chiede a chi guarda, e perciò che non respiri e perciò che non riesci a sostenere questa visione così pregnante. Vuoi fuggire, e invece corri sulla torretta e ti nascondi, metti le cuffie, gridi la tua canzone assurda, come un’invocazione d’amore. Tutto questo compare sulla scena come una sorpresa.
Noi, disagiati dell’era contemporanea, dei social, degli stipendi che non bastano mai per comprarci il telefono da mille euro, noi che siamo ingranaggi di un mondo che crea dolore e margini, li lasciamo affogare sui marciapiedi mentre postiamo tristi storie su Instagram dei barconi del Mediterraneo. Siamo noi le scarpe che vediamo altezza faccia di chi dorme sul marciapiede. Sì, ci siamo anche noi nel film: siamo quelli che ci scansiamo, che camminiamo veloci, che ignoriamo.
Damiano è un disperato, un pazzo, è uno straniero, è un violento, è un ladro. Il film non si pone limiti, non ha nessuna forma retorica di protezione dello spettatore, la realtà fa male, è dura, è assurda. La realtà è Costantino, anziano, solo, con una casa popolare che ospita Damiano, Sofia e Alessio; cerca amore, lo contende a Damiano per Sofia. Lo sfruttano, o tutti sono aggrappati l’uno all’altro come una "familia" prima che sia troppo tardi. Sofia, che si fa di droga - non è così che si dice? - quando partorisce giovane le tolgono il figlio: "Non parlo di questo, perché significa entrare nel buio". Sofia ai semafori chiede l’elemosina, poi in videocamera afferma: "Mica vado a lavorare per sette euro all’ora a fare le pulizie, non sono una schiava". E vive in strada: il coraggio delle scelte. Sofia ama Damiano, o almeno un pezzo di umano amore lo ritrova quando lo abbraccia e poi con una bottiglia lo colpisce al fianco più volte perché l’ha aggredita. Lo fa sanguinare. Ogni amore è tormento. Ogni amore è follia pura.
Non guardate San Damiano, rimanete nelle vostre piccole disperate convinzioni di un domani migliore. Non guardate San Damiano e rimanete a piangere sui vostri amori infranti, non guardate San Damiano, potreste imparare troppo chi siete. Non guardate San Damiano, è un gorgo di solitudine dove risuona solo la vostra voce, non guardate San Damiano se cercate un abbraccio, alla fine finisci che dandoli con le tue braccia che si stringono intorno al corpo per proteggerti. Non guardate San Damiano, il nostro bisogno di consolazione, che non giunge mai, mai. Non guardate San Damiano se cercate una parola che non sia d’amore.
Non guardiamo, questo è il problema che attanaglia tutti noi. No, voi non guardate e ignorate il dolore. Anche noi proviamo a ignorarlo, ma ci siamo caduti dentro, e vogliamo uscirne ma non ci riusciamo. Ma non abbiamo il coraggio di Damiano, il coraggio della follia vera, totale e totalizzante, non abbiamo il coraggio di Cifuentes e Sassoli. Avere il coraggio di fuggire, di non guardare, di non andare lì dove sai che sarai tradito, andare lì dove non sarai amato. E dare tutto alle fiamme. Sì, bruciare la torre delle mura aureliane come se il tempo della guarigione non arrivasse mai, e siamo rimasti li agli albori di una civiltà di speranza che non è mai giunta, e i barbari bussano al cuore assetati, anche loro di amore e disperazione.
Non guardate San Damiano, non ci sarà
nessuna conversione. Ma un giorno capirai. Quando sarai grande che forse valeva la pena amare ed essere amato, altrimenti impazzisci ed anche se sei alla stazione non partirai mai, mai. Ti porteranno via, come questa visione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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