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Cinese, brasiliano o giapponese: in Italia il pranzo è servito dallo straniero

Indagine Fipe sulle imprese della ristorazione gestite dagli immigrati in Italia. Oltre 38mila quelle gestite da immigrati. Le maggiori presenze in Lombardia, Lazio, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte. In testa i cinesi seguiti da giapponesi e africani.

Crescono gli imprenditori stranieri attivi in Italia. Nel 2010 sono diventati 628.221 con un aumento di 29.000 unità. In prevalenza provengono dal Marocco e si dedicano al commercio. I cinesi invece si occupano di manifattura mentre i rumeni si danno da fare nel settore dell'edilizia.
Un settore in espansione per gli stranieri è in particolare quello della ristorazione. Un titolare su dieci è straniero e sono già oltre 38mila le imprese del settore gestite da immigrati (13,8 per cento ristoranti e 10,2 bar). Si concentrano soprattutto al Nord, con il primato della Lombardia (8.370 imprese straniere) seguita a distanza da Lazio (4.167), Veneto (4.076), Emilia Romagna (4.064), Piemonte (3.230) e Toscana (2.641). In queste sei regioni risiedono, dunque, i tre quarti delle imprese straniere attive nella ristorazione nel nostro Paese. Oltre 2.500 i ristoranti etnici. In testa la cucina cinese (75 per cento del totale), seguita a lunga distanza da quella giapponese (9,3), africana (3,2), brasiliana (2,8) e messicana (2).
Sono i risultati di un'indagine della Fipe-Confcommercio sulle imprese della ristorazione gestite dagli immigrati in Italia. Per il direttore generale della Fipe-Confcommercio, Edi Sommariva, giugnono i segnali «che spingono a prevedere un irrobustimento della presenza degli stranieri nel settore». Anche perchè, prosegue, il mondo della ristorazione sta perdendo appeal agli occhi degli imprenditori di casa nostra per effetto sia delle crescenti difficoltà di mercato sia degli ingenti carichi di impegno e di lavoro che queste attività richiedono. Si lavora anche la domenica, a Natale, a Pasqua, d'estate e nelle ore notturne.
Sono diverse le ragioni che spingono gli immigrati invece ad intraprendere la via del lavoro autonomo. Sul versante dell'offerta agiscono motivazioni di tipo culturale quali l'indipendenza, il rischio, l'etica del lavoro impegnativo. Dal lato della domanda, invece, contano le connessioni tra imprenditoria immigrata e sistemi economici dei Paesi ospitanti in termini di struttura produttiva e opportunità di mercato.

Sotto questo profilo l'Italia è terreno fertile sia per la netta prevalenza di imprese piccole sia per una struttura produttiva nella quale alcune specializzazioni, come costruzioni e commercio, si prestano più facilmente allo sviluppo di una imprenditorialità diffusa non soltanto italiana ma anche di origine straniera.

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