NellEuropa cattolica, molti condannano i film a favore dellaborto, ma quelli contro non li produce nessuno. Ci sono voluti i fratelli Danny e Oxide Pang - cinesi che si dividono fra Hong Kong e Bangkok - per avere al Festival di Cannes (sezione Un certain regard, fuori concorso), The Re-cycle, film dove lorrore deriva dalla cattiva coscienza - un po come nello psicoanalitico Il pianeta proibito o nel suo rifacimento sottomarino, Sfera - e dove lo scrittore è demiurgo anche dei suoi mali, come nella Metà oscura.
Al centro di Re-cycle, una madre nubile (Lee Sinje) che ha abortito, poi è diventata una celebre scrittrice, raccontando proprio il suo sfortunato amore per un uomo sposato. Il suo ritorno dopo otto anni, ormai divorziato, evoca quel triste momento e trasforma la scrittura di un nuovo romanzo in una calata agli inferi, dove languono gli oggetti che non servono più, i bambini serviti mai, i morti dimenticati.
Finto film dellorrore, The Re-cycle è un vero film del dolore. Lapparenza servirà a far vendere il film e a dire quel che ormai non si dice più, salvo urtarsi con la generalizzata ostilità mediatica. Anche per aggirarle, i Pang sinfischiano di rivolgersi alla critica e puntano ad accattivarsi lo spettatore seriale con un inizio che rimanda a The Ring (è la parte meno interessante del film), poi schierano i loro soliti fantasmi che viaggiano in ascensore e solo dopo mezzora si fanno visionari, con la discarica dove cose e persone che non servono più, o che non sono servite mai, formano un unico magma di rimpianto: qui i feti continuano a svilupparsi, diventano bambini tristi, consapevoli che le madri si sono disfatte di loro.
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