Cinesi e no-global, allarme rosso in Duomo

Prepariamoci ad un pomeriggio con le bandiere rosse in piazza Duomo. Tre ore di protesta, con tanto di slogan contro Letizia Moratti e i ghisa che hanno un torto: quello di far rispettare la legge. Alle 15 i capi della rivolta cinese scendono in piazza, dopo gli scontri di giovedì che hanno portato al bilancio di quindici feriti tra le forze dell’ordine. Replay con il sostegno «concreto» dei centri sociali pronti a sostenere «la lotta di Chinatown contro il razzismo».
Vagheggiamenti che per centottanta minuti rischiano solo di far divampare la protesta e trasformare piazza Duomo in un campo di battaglia, anche se il console Zhang Limin fa sapere di non essere «d’accordo»: «Ho cercato di convincere i commercianti cinesi a non scendere nuovamente per strada ma è nei loro diritti farla. Io non posso impedirlo. Ho chiesto di evitare disordini e di svolgere la manifestazione nel rispetto della legge italiana».
Dichiarazione che, naturalmente, è considerata carta straccia per chi, tra via Paolo Sarpi e via Bramante, già non rispetta le norme del vivere civile. Virgolettato che, senza sorpresa, non ha poi alcuna presa sui disobbedienti sempre pronti a dare fuoco alle polveri, come successe in corso Buenos Aires devastato con le fiamme solo un anno fa. E proprio i no global invitano «alla reazione davanti ai soprusi delle autorità che creano un’atmosfera di tensione e che offendono la dignità della comunità cinese».
Appello siglato dalla falce e martello che trova sostegno morale in una nota di Rifondazione, dove Letizia Moratti è definita «sovversiva dall’alto», mentre la Cgil condanna bipartisan sia «la rivolta cinese» che «la forzatura da parte del Comune». Uscite che non contribuiscono ad alleggerire la tensione. E mentre il prefetto Gian Valerio Lombardi si dice «non preoccupato perché la protesta potrebbe rientrare», lo Sdi annuncia che, oggi, sarà in piazza: «Per convincere la comunità cinese - dichiara Roberto Caputo, capogruppo in Provincia - a rispettare le leggi italiane e integrarsi con i milanesi». Eppure, sostiene il sindaco, la soluzione c’è: «Il rispetto delle regole». «Riconfermiamo la necessità del rispetto delle regole» perché l’azione di Palazzo Marino si fonda sulla coniugazione delle «politiche di integrazione da un lato e rispetto delle regole dall’altro. Questo, ovviamente, vale per tutti, non solo per la comunità cinese». Formula declinata dal sindaco anche nell’incontro con il console cinese a Milano, «vertice molto produttivo, nel quale abbiamo affermato la grande stima che abbiamo nei confronti della Cina e della comunità cinese che porta nella nostra città un contributo di cultura e di ricchezza».
Premessa di un’amministrazione che annuncia tre settimane di incontri, di confronti per trovare una soluzione ai problemi di Chinatown: dalla possibile correzione degli orari di carico e scarico delle merci ad un’analisi del progetto di zona a traffico limitata che, in quelle strade, non trova consenso. Ma, forse, la vera svolta sta nella promessa di incentivi ai grossisti che sposteranno le attività in zone decentrate.

Delocalizzazione che «se facilitata dalle Istituzioni non può avvenire a carico di Comune, Provincia e Regione».
Certezza che s’aggiunge alla promessa del prefetto Gian Valerio Lombardi di «fare una mappa sempre più aggiornata del fenomeno, per dare una soluzione definitiva e certa al problema sia di Chinatown che dei rom».

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