Cultura e Spettacoli

Il cinico piedipiatti Jean Reno inciampa tra giallo e horror

Quando in un film qualcuno perde la memoria, e per di più soffre di allucinazioni, significa che il copione prevede la licenza di infinocchiare il pubblico. Cosa che puntualmente avviene in L’impero dei lupi, giallo con scivolate nell’horror, diretto dal frenetico francese Chris Nahon, proveniente, e si arcinota, dalla pubblicità. Siamo a Parigi ai nostri giorni. Da un mese soffre di amnesie la giovane Anna (Arly Jover), commessa o più probabilmente (con la casa che può permettersi) proprietaria di una pasticceria centrale. A volte non riconosce il marito, il preoccupato capitano di polizia (forse è lui fornito di un superstipendio) Paul Nerteux (Jocelyn Quivrin), anzi le càpita di vedere il suo volto trasformarsi in un’orripilante maschera. Come confessa alla comprensiva psichiatra Mathilde Urano (Laura Morante). Il piedipiatti ha anche una grana professionale: un serial killer ha ucciso, sfigurandole, tre immigrate clandestine turche. Per stanarlo, l’uomo giusto è il rude veterano in pensione Jean-Louis Schiffer (Jean Reno), grande conoscitore della mala.
Il film, non si può negarlo, è addirittura eccitante nella prima mezz’ora, poi comincia a perdere colpi, incerto tra la sorte della povera smemorata e la pista dell’inafferrabile assassino. Due filoni destinati faticosamente a congiungersi, come nei Fiumi di porpora di cinque anni fa, anch’esso tratto da un romanzo di Jean-Christophe Grangé, autore della farraginosa sceneggiatura, piena di colpi di scena, quasi mai spiegabili.

Se si aggiunge l’insistita violenza, l’invadente colonna sonora e un Jean Reno piuttosto svogliato nel solito ruolo del cinico senza speranze, l’ora e mezza che resta fa rimpiangere i soldi del biglietto.

L’IMPERO DEI LUPI (Francia, 2005) di Chris Nahon con Jean Reno, Arly Jover, Jocelyn Quivrin - 125 minuti

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