Difficile andare alla Scala. E anche parlarne, dopo aver visto un giovane carabiniere piegato in due dalle convulsioni mentre lo caricano in ambulanza. «Gli hanno ficcato un fumogeno in bocca». Moro e bello, magari figlio di proletari come quelli che appassionavano Pierpaolo Pasolini quanto odiava i figli di papà che giocano alla rivoluzione. Ancora, dopo quarant’anni, stessa storia. Con meno idee e più violenza. Ma c’è ancora speranza se tra oro e stucchi del Piermarini, l’unico applauso è per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e non per le starlette di una prima in tono minore.
La Valchiria tecnologica piace e passa perfino l’esame dei loggionisti ipercritici. In tanti, alla fine dello spettacolo, ammettono: «Queste cinque ore sono volate». Sobrietà, aveva chiesto la padrona di casa Letizia Moratti. Negli abiti e nei toni, magari non negli ospiti che hanno preferito le nevi di Saint Moritz alle cinque ore cinque di Richard Wagner. «Senza nemmeno un ritornello» e vorrebbe dire aria, un politico tramortito già dal primo atto. E non lo resuscita nemmeno quell’inno alla gioia che anche quest’anno è la Valeriona Marini. Più burrosa che mai. Le piace Wagner? «Tantissimo». E come dubitarne. Perché ho questo velo nero in testa? Nessuna esegesi semiotica. «Perché mi piace». Immensa. Vicino le scintilla Gabriella Dompé che chiede a un’altra dama «quanto dura questo intervallo?». Alla vicina scende il corpetto e si scopre il capezzolo. Niente sobrietà per l’uomo con la gonna («È un abito tradizionale giapponese») e la cresta di pavone sulla testa. Spunta Riccardo De Corato, ottimo vicesindaco, ma notoriamente non un appassionato di Wagner. «Scusate, devo andare a trovare poliziotti e carabinieri ricoverati. Sono dieci». Va e torna. Per fortuna almeno lui pensa a loro. Dieci. Troppi per una notte di sant’Ambrogio, anche se la cricca dei vip non è turbata. E l’ex procuratore Francesco Saverio Borrelli va addirittura in aiuto. Dei carabinieri? No. Dei manifestanti. «Solidarizzo. Solidarizzo assolutamente». Vittorio Feltri fa il segno del bavaglio, «mi hanno sospeso, non posso parlare». Fuori slogan sessantottini. «Noi con i giovani - si irrigidisce la Moratti - per il terzo anno abbiamo inaugurato la stagione della Scala. Al nuovo museo del Novecento si entra gratis. Fatti concreti. Milano fa molti sforzi perché la cultura sia di tutti». Addosso l’abito Armani («Che come ogni anno mi ha regalato mio marito»). Privè in velluto di seta nero con grande scollo in ottoman seta avorio col bruco di Vhernier in oro bianco, diamanti, madreperla e cristallo di rocca. Con bruchino piccolo. In Armani anche l’assessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory che attende invano il ministro Sandro Bondi. Trattenuto a Roma da un voto al senato. Ma un ministro della Cultura comunque c’è. È Mukhtar A Kul Mukhammed e arriva dal Kazakistan. Meglio di niente. Il ministro Paolo Romani porta a braccetto la figlia Lucreazia. Matteo Salvini la fidanzata Giulia in Lorenzo Riva (ieri Ambrogino). Dolce e Gabbana con tre fili di perle al collo per il ministro Michela Vittoria Brambilla che pensa già alla fiducia del 14 più che alle vergini guerriere in scena. «Tranquillissima. A questo governo non c’è alternativa. E una campagna elettorale sarebbe un danno per l’Italia».
Diploma da valchirie della serata per donna Assunta Almirante, Eva Wagner, pronipote del maestro e direttrice del festival di Bayreuth e per un’anonima teutonica fasciata da un peplo ghepardato. Orribile. Di Wagner non parla nessuno. Proprio nessuno. L’anno prossimo tocca a don Giovanni.
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