Ciriaco De Mita

da Roma

Il nuovo regolamento del Pd lo taglia fuori: 3 mandati parlamentari e lui ne ha avuti 11. Ciriaco de Mita non pensava di festeggiare così gli 80 anni appena compiuti e si ribella. Per lui l’esclusione dalle liste è un «insulto» bruciante, un’«offesa personale». E in 27 secondi di fuoco, all’inizio della direzione del Pd, dà l’addio a un partito che sceglie la sua classe dirigente in base «all’età e non all’intelligenza». E lancia la sua sfida: «Non voglio fare una mia lista, ma prima pensavo di fare una campagna con voi, ora la farò contro di voi!».
De Mita lascia dunque il Pd, ma non la politica perché morirà facendo «l’ultimo comizio elettorale». Walter Veltroni vuole un partito giovane e non tenta di fermarlo, anzi gli ricorda che 45 anni in Parlamento possono bastare. «Come se fosse un lavoro usurante», commenta lui acre in tv, spiegando che non si può parlare di «divorzio» dal Pd ma semmai di «fidanzamento» finito perché «uno pensava alla politica e l’altro all’immagine». Questo, sancisce De Mita, è «il partito che non c’è». E lui torna «alla sua tradizione». Cioè quello spazio in via di definizione che si chiama Centro e dove il suo gesto crea grande fermento. Un centrodestra si direbbe, perché il vecchio leone democristiano sembra deciso a saltare il fosso, con il suo pacchetto di voti campani stimato in 60mila. Ad Udc, Rosa Bianca, Udeur fanno gola e le manovre erano già iniziate da un pezzo. Le prospettive centriste cambiano: potrebbe essere lui il trait d’union tra Udc e Rosa Bianca. Ieri, all’ora di colazione, si sono incontrati Pier Ferdinando Casini, Savino Pezzotta della Rosa Bianca e il banchiere cattolico Pellegrino Capaldo, considerato vicino a De Mita. Anche Bruno Tabacci è legato all’ex premier di Nusco e già si dice che, grazie al suo intervento, potrebbe rinunciare alla candidatura a premier per cederla al leader Udc e suggellare così il legame tra le due formazioni. Ufficialmente, però, Mario Baccini spalanca le braccia a De Mita ma precisa che con un’alleanza Rosa Bianca-Udc il candidato-premier rimarrebbe Tabacci e Casini potrebbe essere il leader. Clemente Mastella teme di restar fuori dalle trattative con il suo vecchio maestro. Dopo l’uscita di De Mita dal Pd, ragiona il leader dell’Udeur, si aprono prospettive nuove al Centro, a patto che «ci sia buon senso» e «nessuno ponga veti o preclusioni», altrimenti si rischia «che nessuno raggiunga il 4 per cento».
Nel Pd qualcuno comincia a preoccuparsi. Massimo D’Alema è dispiaciuto che si sia persa «una grande personalità politica», Franco Marini e Pierluigi Castagnetti si augurano che Ciriaco torni indietro, mentre Rosa Russo Iervolino dice: «I voti non sono proprietà personale, mi auguro che De Mita non faccia campagna elettorale contro il Pd».

E invece, probabilmente, succederà proprio questo. Ancora una volta con l’idea di ricreare un centro, un vero erede della Dc sul cui simbolo, contestato da Udc e Dc di Giuseppe Pizza, il 27 si pronuncerà la Corte d’Appello di Roma.

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