La Cisco, provinciale «de Roma», festeggia la C cambiando nome

Niente proclami, solo esultanza. E constatazione del fatto che programmazione e applicazione possono portare a risultati importanti così come lo è la promozione in Lega Pro I divisione (la vecchia serie C1, per chi non è avvezzo ai continui cambiamenti di nomi delle categorie) della Cisco Roma, club gestito dalla famiglia Ciaccia che agguanta un risultato a dir poco storico. Perché dopo un decennio si torna a «masticare» calcio importante sfatando nel contempo il tabù dei playoff, che nel 2007 lasciarono l’amaro in bocca ai capitolini dopo la sfida con la Reggiana.
Già, i capitolini, ancor più che tiburtini, anche se il campo d’allenamento è il «Francesca Gianni», a due passi da una delle strade più trafficate della capitale, la Tiburtina, appunto. Certo, la sensazione di essere la terza squadra di Roma, a soli due gradini dalle irraggiungibili per seguito e fama come Roma e Lazio, fa sentire importanti, così come grande è la passione della tifoseria biancorossa che, rispondendo a un concorso-quesito proposto dalla dirigenza, ha deciso di mutare la ragione da Cisco in Atletico Roma.
Un referendum utile per sottolineare la romanità del club, finora camuffata in nomi «aziendali» come Lodigiani e poi Cisco, per ridurre ulteriormente il gap con sorelle maggiori, club metropolitani ed europei che trasformano pur senza volerlo una realtà importante come l’ex Lodigiani in... provinciale.
Ecco, forse il grande handicap del club è proprio questo, aver avuto i natali nella città più ingombrante: perché il successo della Cisco in un piccolo centro avrebbe portato la gente in piazza, magari a strombazzare con i clacson delle auto, così come accaduto per esempio a Gubbio e alla Spezia: lì, la promozione avvenuta in simultanea a quella dei romani, domenica pomeriggio, ha fatto letteralmente impazzire di gioia il centro umbro e quello ligure. Qua c’è da descrivere una realtà diversa, che affronta il Catanzaro nella finale d’andata dei playoff nel proprio stadio, il Flaminio (la Cisco, pardon l’Atletico Roma è la squadra che quest’anno ha disputato il suo campionato nello stadio più grande della categoria, visto che l'impianto romano è più capiente perfino del Ceravolo di Catanzaro, ndr) e si ritrova con i tifosi in minoranza visto che sugli spalti nove giorni fa c’erano più i giallorossi di Calabria che i fan «cischiani».
Ma tutto questo, forse, sarà solo un ricordo. «Da oggi voltiamo pagina, ci chiameremo Atletico Roma e i nostri colori saranno il giallo e il blu», ha affermato Davide Ciaccia all’indomani della promozione. Per poi aggiungere: «Questo è un traguardo sportivo che arricchisce il patrimonio di una intera città e restituisce alla città stessa quella terza serie che mancava da dieci anni esatti».
C’è euforia, ma anche e soprattutto voglia di programmare i prossimi passi uno alla volta. Per esempio il quartier generale si sposterà da San Basilio all’Acqua Acetosa, mentre la definitiva casa del sodalizio romano sarà costruita in altra zona della città eterna.

Ponte Marconi? O l’Aurelio? O proprio Tor di Quinto? È presto per pronunciarsi, mentre siamo perfettamente nei tempi per sottolineare che il prossimo biennio vedrà in panchina ancora Beppe Incocciati, tecnico che senza ostentare le sue capacità si è tolto una soddisfazione senza eguali. Forse è presto per programmare la B. Però, a pensarci bene, quest’anno nessuno aveva annunciato la Lega Pro di I divisione.

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