La città dei diritti: violenza per cambiare il voto

La città dei diritti: violenza per cambiare il voto

(...) Da una parte il gruppo di anarchici infiltrati e dall'altra i leader di Fiom che hanno cercato di distogliere i giovanotti in tenuta da assalto dall'intento di fare irruzione nella sede di Confindustria a Genova, in via Fiume. Ma loro, i «no global dell'ultim'ora», scioperanti in tenuta da sovversivo, al grido di «via, via, la polizia, hanno accusato i sindacalisti di Fiom di non avere il coraggio di forzare il blocco. «Codardi! Venduti!», hanno urlato mentre tagliavano in due il corteo e aprivano le danze con un lancio di pietre, fumogeni, petardi e bombe carta contro le finestre della sede degli industriali. E c'è scappato anche un ferito, un operaio colpito all'addome da un petardo. «Me l'hanno tirato tra i piedi, a me è arrivata soltanto una scheggia», dice lui mostrando una ferita bordeaux a ferro di cavallo grossa come un'arancia.
Un corteo non autorizzato, quasi un centinaio i protagonisti di un assalto che, non fosse per la calma e la lungimiranza degli agenti della questura, poteva finire molto peggio. Loro, i giovani dei centri sociali, hanno interrotto la manifestazione dei metalmeccanici, scesi in piazza a Genova dopo Pomigliano e Mirafiori contro gli accordi contrattuali separati per la tutela del contratto nazionale di categoria. Diecimila secondo alcune stime i partecipanti, tra loro non solo metalmeccanici ma anche lavoratori di Filt, Comitati Unitari di Base, sindacati autonomi e le immancabili bandiere di Sinistra ecologia e libertà e dei Comunisti Italiani. Una prova generale, in attesa che Cgil promuova uno sciopero nazionale proprio sui temi del lavoro. Ma il timore in gola ora è quello di nuovi scontri.
Lanci di uova contro negozi e sede della Lega Nord, insulti alla polizia e al presidente del consiglio, amplificati al megafono, i centri sociali hanno forzato il cordone di polizia e litigato con gli stessi promotori dello sciopero. Dieci minuti dopo davanti alla sede di Confindustria un tappeto di uova marce. Davanti alla stazione di Brignole, sei cassonetti riversi in mezzo alla carreggiata dati alle fiamme, i vigili del fuoco al lavoro per spegnere il rogo e una colonna di fumo nero che si alzava su piazza Verdi. Il cordone di polizia, a presidio della manifestazione, ha evitato lo scontro diretto concentrandosi davanti agli uffici di Confindustria e transennando la zona. Ma il rogo, quello no. Non sono riusciti a evitarlo. E nemmeno l'aggressione ad alcuni cameraman, ai quali i giovani incappucciati hanno tentato di rubare e distruggere la telecamera, con tanto di minacce di morte ai giornalisti presenti. Unica colpa, quella di essere al lavoro, filmare e documentare un blitz in piena regola.
Immediata la reazione dei sindacati che hanno preso le distanze, ad assalto ancora in corso, dalle scene di violenza che stavano accadendo in piazza, proprio davanti ai loro occhi. Peccato non essersi accorti, nonostante il servizio d'ordine, che il corteo fosse farcito di facinorosi, gente a volto coperto partita tra i manifestanti già casco in testa e passamontagna indossato. Ma dalle dichiarazioni ufficiali a quelle spontanee all’interno del gruppo c’è differenza. «Avessi 16 anni sarei in piazza con loro anch'io - spiega qualche cinquantenne nostalgico, che giustifica - I nostri giovani sono senza lavoro, non hanno futuro: al loro posto sarei su di giri pure io». Qualcun altro preferisce direttamente fare finta di niente. «Scontri? Io non ho sentito di nessuno scontro», ha detto Franco Grondona, segretario di Fiom Cgil Genova con un tempismo da record subito prima dell'esplosione dei disordini. Ma in realtà qualche scontro c'era stato anche all'inizio del corteo.


Sempre loro, gli stessi studenti, «anarco-pseudocomunisti», bandiera di Che Guevara al seguito e giacca rigorosamente Monclair da Genova-bene che nel tragitto da piazza della Nunziata a via XX Settembre sono riusciti a tirare pietre e uova anche contro le vetrine di qualche negozio in via Roma. Gli stessi dove si rifanno il look il sabato pomeriggio. Carta di credito di papà permettendo.

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