Città eterna e pericolosa per tutti ma non per Veltroni

Allarme dei sindacati di vigili urbani e polizia dopo la decisione dell’architetto Fuksas di trasferirsi perché Roma non è più sicura

Rita Smordoni

Roma è una città insicura. Se ne è accorto perfino l’architetto Massimiliano Fuksas, che ieri ha reso noto di aver deciso di traslocare in altri lidi. Parigi, Francoforte, si vedrà. Purché lontano dalla Città Eterna. La decisione è maturata dopo aver subito il furto di 28 computer dallo studio di Campo de’ Fiori - ha dichiarato Fuksas ad un quotidiano - e dopo l’assalto alle vetrine di Bulgari in pieno giorno. «Pago le tasse e ora devo anche pagare una guardia giurata?», si è chiesto il celebre architetto. A Roma Fuksas ha progettato la Nuvola del futuro Palazzo dei Congressi all’Eur. E vanta una personalissima e solida amicizia con Veltroni. Non a caso ha puntato il dito contro tutti - prefetto, polizia, carabinieri, perfino Berlusconi - meno che contro il sindaco: «Non tocca mica a lui fare la guardia al mio studio».
Certo, esiste una vasta e consolidata corrente di pensiero per cui Veltroni è sempre seduto su una nuvola. Al di fuori dei fastidi terreni. Ma resta il fatto che se perfino uno come Fuksas, che vive lontano dai campi nomadi, dall’Esquilino, dalle stazioni metro, si accorge che Roma non è sicura, allora vuol dire che è proprio il caso di allarmarsi. Vuol dire che Romaset non esiste, che la realtà supera la finzione cinematografica di Claudio Amendola o Gigi Proietti. È realtà lo stupro in pieno giorno a Villa Borghese. Sono realtà le denunce di Alemanno: «Cento campi nomadi e 35 centri sociali, a Roma esiste una città parallela, dove la criminalità trova terreno fertile». Finora queste cose il Comune le poteva ignorare. Appena una settimana fa la Garavaglia replicava sprezzante ad Alemanno: «A Roma si sono drasticamente ridotti i reati. Nonostante le false accuse della destra, Roma è una delle città più sicure d’Europa». Ma ora tocca a Fuksas. Che fa le valigie e se ne va. E denuncia senza mezze misure: ho paura. Immediate le reazioni dei sindacati delle forze dell’ordine. «Esprimiamo solidarietà a Fuksas che lascia Roma perché la considera insicura, ma noi questo lo diciamo da mesi e siamo stati ignorati da tutta la classe politica vicina alla sinistra e dalla stampa amica di Veltroni», dichiara Alessandro Marchetti, segretario romano dei vigili urbani del Sulpm. «La società civile - dice - ha timore a denunciare la situazione. Ma non è con l’omertà che si combattono fenomeni come questi. Oggi a Roma un poliziotto municipale ha le stesse possibilità di intervento di un ausiliario del traffico. Se il ladro ha la pistola, siamo disarmati; se lo arrestiamo, non abbiamo le celle di sicurezza dove tenerlo; se dobbiamo portarlo in carcere, non abbiamo un’auto attrezzata per evitare i tentativi di fuga». «I seimila vigili urbani di Roma potrebbero aiutare le forze di polizia a mantenere sicuro il territorio, perché conoscono la gente, i luoghi - rincara la dose Luigi Marucci, segretario nazionale dell’Ospol - Ma l’80 per cento dei vigili è costretto a lavorare negli uffici. Gli altri hanno in dotazione solo il fischietto, non hanno sfollagente nè pistola. E in queste condizioni sono chiamati a vigilare di notte perfino i campi nomadi».

«Le periferie sono poco illuminate e questo facilita i reati - afferma Domenico Pianese, ispettore alla Questura di Roma, segretario nazionale del sindacato di polizia Coisp - Il Comune non ha mai affrontato il problema dei campi nomadi, dove vivono parecchi delinquenti, che sfruttano i figli e li avviano al crimine». Pianese punta il dito sui centri sociali: «Godono di extraterritorialità e vivono fuori da ogni regola».

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