In caso di guerra atomica, s'è detto più volte che solo pochissimi animali potrebbero sopravvivere: le blatte, sono un esempio. Il motivo è semplice: la loro natura le porta a vivere di nascosto, nel silenzio dei pertugi, dove la luce del sole non batte mai e poche altre specie sguazzerebbero altrettanto volentieri. Eppure potrebbe farcela anche qualche uomo; che si è preparato anzitempo trovando riparo in un bunker sotterraneo protetto dalle radiazioni. Ed è proprio a quest'attitudine (umana e no) di sapersi destreggiare nelle viscere della terra che fa riferimento una delle più importanti e recenti scoperte archeologiche: una grande città sotterranea.
Di cosa si tratta? Di un angolo di mondo sperduto nel cuore della Turchia, nella provincia centrale di Kayseri, anticamente chiamata Cesarea. Sono cinquantadue stanze, a costituire un vero e proprio insediamento sotterraneo costruito secoli fa per proteggere la popolazione locale dalle invasioni provenienti da ogni punto cardinale. C'erano i selgiuchidi, che comandarono l'Asia centrale fra l'undicesimo e il quattordicesimo secolo; i sasanidi, l'ultimo grande impero preislamico, regnante fino al sesto secolo; e gli arabi, con i quali la Turchia ha a che fare dalla notte dei tempi. Il complesso risale per l'esattezza al quinto secolo dopo Cristo; è perfettamente conservato e funzionante e fu in grado di dare riparo a numerose persone, con un adeguato sistema di aerazione, drenaggio, deposito viveri e aree relax.
Non è un posto a caso perché è qui che si trova anche Kultepe, la collina di cenere, un sito archeologico che rimanda all'epopea di Kanes, città abitata ininterrottamente dal periodo calcolitico (5mila a.C.), fino al periodo romano. Coordinate care agli antropologi ed evoluzionisti perché si presume che proprio da questo punto l'uomo moderno abbia poi spiccato il volo per la conquista del mondo, arrivando in Europa attraverso la Tracia, e al Caucaso, facendo perno sulle regioni dell'Anatolia orientale. La scoperta è avvenuta grazie a due pastori che hanno reso nota la presenza di una grotta in collegamento con altre misteriose cavità sotterranee. Sono così entrati in azione gli esperti dell'Obruk Cave Research Staff e della Foundation for the Protection and Promotion of the Environment and Cultural Heritage (Cekul) che dal 2014 passano al setaccio quest'area geografica a caccia di resti del passato. Le prime ricognizioni stimano una città sotterranea che si sviluppa orizzontalmente (a differenza di altre che hanno prevalentemente uno sviluppo verticale), in corrispondenza di un edificio religioso in superficie.
È una chiesa cristiana che testimonia il lavorio di popolazioni occidentali vissute qui fra il sesto e l'undicesimo secolo dopo Cristo. La dottrina cristiana, infatti, attecchì con facilità in Turchia, in seguito alla predicazione apostolica di cui fu portavoce anche San Paolo, nato a Tarso, distretto di Mersin, uno dei più significativi rappresentanti del processo di evangelizzazione. Il dottor Osman Ozsoy, del Cekul, a capo dell'équipe che sta conducendo gli scavi, ritiene che sia l'antica città di Belagasi, forse l'unica caratterizzata da così tante stanze e da una struttura organizzativa così complessa, che parafrasa, comunque, altre realtà abitative che contraddistinsero l'Anatolia nei secoli. Si sa, per esempio, di una scoperta simile avvenuta nel 2014. Un'altra città sotterranea con un'estensione di 4mila metri quadrati. Anche in questo caso sono state rimosse quantità enormi di terreno per fare luce su un dedalo di cunicoli dove un tempo i cristiani si difendevano dai nemici.
La più famosa città sotterranea rimane comunque Derinkuyu, i cui strati più profondi arrivano a oltre mille anni prima di Cristo. Sprofonda per ottantacinque metri, su tre livelli di profondità. Senofonte, storico greco, ne parla per la prima volta quattrocento anni prima di Cristo, alludendo a uomini «trogloditi» che abitano sottoterra con gli animali e camere destinate a ogni tipo di attività: cucina, chiesa, stalla, cantina. Fu scoperta per caso nel 1963 e gli archeologi ritengono che abbia ospitato più di diecimila persone. Ancora oggi è ritenuta un gioiello ingegneristico-architettonico, per via della funzionalità dei pozzi di aerazione e della capacità di sfruttare le acque di un fiume sotterraneo. Di fatto resiste da secoli e non è mai crollata, indicando la grande capacità degli anatolici del tempo (forse gli ittiti) di costruire sottoterra. Tuttavia va segnalata la tipologia geologica dell'intera Cappadocia, che ha dato modo alle popolazioni di sviluppare abitazioni così particolari e resistenti.
Sessanta milioni di anni fa nacque, nella parte meridionale del Paese, la catena montagnosa del Tauro; che determinò avvallamenti e depressioni nella zona centrale. Quest'ultima si riempì di depositi di natura vulcanica, derivanti da potenti eruzioni come quelle prodotte dall'Erciyes, 3.900 metri di altezza nei pressi di Cesarea.
Si ottennero strati profondi di tufo che nel tempo vennero corrosi dalle acque e dal vento, determinando la nascita di un altopiano contraddistinto da rocce tenere e leggere, facili da lavorare; e da scavare per poter battezzare una nuova città sotterranea.
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