Una città prigioniera dei graffiti

«No Tav». I segni dell’ultimo corteo sono (ancora) sui muri di banche, negozi, palazzi, centraline dell’elettricità. In via Settembrini - era il 9 marzo - i residenti di un condominio sono scesi di corsa dalle scale per piazzarsi davanti al palazzo e proteggerlo dall’assalto delle bombolette. I manifestanti hanno espresso il dissenso contro il passaggio ferroviario che deturperebbe la Val Susa. Come? Devastando Milano, coprendola di scritte ingiuriose. E «la giunta Pisapia - attacca De Pasquale, consigliere Pdl ma anche presidente dell’Associazione nazionale Antigraffiti - non sembra avere fretta di cancellare le scritte anti-Tav o contro la destra dai muri della città. Un mese dopo i segni del corteo sono ancora lì e si sono aggiunti nuovi slogan offensivi, forse non vogliono “distrurbare“ chi li ha scritti». I centri sociali. Si aggiunge l’imbrattamento delle carrozze della metropolitana: i pendolari protestano per vetri e porte completamente ricoperti.
Il problema graffiti è complesso. Tra il 2007 e il 2009 il Comune governato dall’ex sindaco Moratti ha investito circa 25 milioni per cancellare le scritte e ha istituito il Nucleo del Decoro urbano che ha denunciati almeno 70 vandali.

Una sentenza del consiglio di Stato ha sospeso da 3 anni il servizio di rimozione ad Amsa, ma il Comune a quanto sembra non ha fretta e soldi per lanciare un bando di gara. Si avvale degli appalti aperti con le ditte di manutenzione.

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