Egregio Direttore Lussana, tempo fa le scrissi una lettera, che con grande mia meraviglia Lei mi ha pubblicato in prima pagina sullinserto genovese, in cui per ripondere ad un suo interrogativo sullo stare a Genova io rispondevo che miglior scelta era andarsene via! Ora la cosa lho fatta: sono residente in Piemonte, ma per quello che posso vedere non mi è sufficiente, per cui penso che dovrò emigrare fuori dItalia per trovare un paese minimamente serio. (Mi sovviene un suo pezzo in cui lei descriveva meraviglie di Barcellona, città che conosco benissimo e in cui ho pure due amiche catalane!) Stamane (in Piemonte si trova anche il Giornale in edizione genovese) ci son tre lettere in prima pagina in cui alcuni lettori rispondono alla sua ennesima sollecitazione a dire sullo stare a Genova come cittadini residenti; e inoltre un suo pezzo sullo stato comatoso dellEnit a Plaze Vendôme che è tutto dire. Ebbene, cerco di non dilungarmi, ma lasciando perdere le lettere dei signori (quando si parla di «foresti» o di «maniman» per me siamo ancora allinterno di una cultura mafiosa che fa della Liguria la prima regione del sud venendo da Milano. (Mi sovviene che molti anni fa un lettore, o forse un giornalista, proprio sul Giornale ebbe a teorizzare che i liguri sono come i siciliani solo che non hanno scelto di sparare per farsi gli affari loro come quelli!)
Mi sono piaciute invece le considerazioni della gentile lettrice, in ispecie dove considera la «baldanza» giovanile che ti spinge a fuggire, che anche io ho provato, e che non ho attuato per vigliaccheria, lo ammetto, non per un «senso del dovere», che per una città «estranea» come questa (io ci sono nato) non ho mai provato. Questa è una città straniera a tutti, specie a quelli che ci vivono, non solo ai foresti, che dopo un po se ne vanno e tanti saluti. Infatti non è un caso che qui vengono tutti i peggiori: rom, delinquenti di ogni etnia, napoletani in trasferta delinquenziale, e altri, tutta gente che sa che la potrà passare liscia perché la città non è di nessuno, è straniera per tutti, e quindi puoi fare quello che vuoi, soprattutto lillecito... Per averne conferma leggere i due articoli di oggi. Uno, sulla messa di Don Gallo e laltro, sui commercianti contro Tursi: sono sufficienti per capire la città e la perdita di ogni speranza. Una perdita che viene da lontano, perché non è possibile che sia il frutto di questi ultimi anni.
Solo un esempio: i miei nonni di parte ligure, nati nell800, sono emigrati in Argentina, ma dopo aver perso due figli e lavorato e lavorato, a causa di mia nonna, bella donna, ma di carattere non fortissimo sono rientrati riuscendo a costruire coi risparmi fatti in Sudamerica una casetta nel natio paese del savonese. Ebbene mia nonna ha dato alla luce ben otto figli vivi di cui io ne ho conosciuto solo cinque, ma come si spiega che i suoi figli (come mia madre) abbiano dato al massimo vita a due figli? Questo non è un caso personale, è invece un degli innumerevoli casi che hanno fatto dire parole aspre a Giovanni Paolo II sulla avarizia, in specie genitoriale dei genovesi. Lei mi insegna Lussana che dove non ci sono abitanti non cè città, né cultura, né costumi di nessun genere: cè il deserto! O forse una citta come Beirut, divisa in fazioni ed etnie diversissime in perenne guerra tra di loro, tra attentati e assassinii, violenze e ribalderie. Questa è la Genova del futuro, altro che affermazioni false sul clima migliore.
E poi lopposizione di destra ve la raccomando, solo la Lega fa qualcosa ma sono in pochi, per il resto è deserto pure lì! Non ci sono doveri verso questa città, solo doveri verso se stessi. Per essere cittadini di un mondo nuovo devi trovarti un nuovo mondo come facevano i vecchi emigranti: essere Pilgrim Fhaters di se stessi, ecco quello che io ho scelto di essere. Cordiali saluti e auguri.
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