Una città troppo alla moda

Quello che fa impressione, per chi sta a Milano e vive le quotidiane vicende cittadine, è che ci si trova davanti a proposte e soluzioni urbanistiche che nulla hanno di chiaro. Mancano motivazioni serie e logiche che soprattutto tengano conto di una metropoli che va mutando nel tempo, non solo per i modi di vita, ma anche per fatti sociali, di mobilità, di maniere di abitare e di lavorare. Così straordinaria è la vicenda che tocca quell’area, di ben trentamila metri quadrati, a diretto contatto con la «città della moda», importante e di grande centralità, occupata una volta dalle ferrovie Varesine. Due anni fa il Consiglio di Stato approva il progetto del proprietario De Mico per erigere ottantaduemila metri quadrati, approvazione incredibile che faceva riferimento a «previsioni» del piano regolatore del 1953. Il Comune, nella sua variante, ne ammetteva cinquantunomila.

Ma quello che stupisce è che il progetto De Mico, che si basava all’incirca su due forse innocue torri poste al centro dell’area, sia stato mutato, dopo l’acquisizione del tutto per duecentomilioni di euro da un importante gruppo imprenditoriale, in un incerto e mai del tutto svelato, piano di costruzione quasi a quadrilatero, con due grattacieli dei quali uno alto come il Pirellone ed edifici elevati per uffici o per residenze di lusso, a scarsa distanza dalle basse costruzioni circostanti. Il sindaco Albertini approvava volumetria ed ora gli abitanti della zona hanno fatto ricorso al Tar e al buon senso della Moratti, contro un’intensità edilizia che stravolgerebbe tutta l’area.

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