Milano - Era un martire, è diventato un eroe. Massimo Bitonci, il sindaco di Cittadella capostipite delle ordinanze anti-sbandati, era stato messo sotto inchiesta dal procuratore capo di Padova Pietro Calogero, quello del processo «7 aprile» contro Autonomia operaia di Negri e Scalzone. Un fascicolo che paradossalmente, nel bene e nel male, aveva fatto la fortuna di Bitonci, finito su giornali e tg di tutta Italia, contestato, applaudito, copiato, censurato.
Ieri, dopo appena venti giorni di indagini, il magistrato ha chiesto al Gip di Padova di archiviare tutto. Mettendo così il sigillo definitivo di validità all’ordinanza che non solo obbliga gli stranieri che domandano la residenza a dimostrare di avere casa e lavoro, ma consente al sindaco di controllare la loro fedina penale e di comunicare i casi sospetti a prefetto e questore. Proprio questa facoltà di «segnalazione» aveva indotto Calogero a ipotizzare a carico di Bitonci il reato di usurpazione di pubblici poteri.
Vittoria su tutta la linea per il movimento dei sindaci. L’inchiesta di Calogero, passato dai successi del 7 aprile alla ritirata del 7 dicembre, aveva messo in guardia il fronte di quelli che la Lega ha già battezzato «i partigiani del Nord». L’ordinanza ha fatto scuola ed è già stata adottata in decine e decine di comuni, dal Piemonte al Friuli. Per evitare guai molti primi cittadini hanno preferito approvare testi più prudenti, mentre altri - gli oltranzisti - hanno mantenuto il testo-base. La stessa Regione Veneto, nel varare qualche giorno fa le linee guida per questo tipo di provvedimento, ha scelto la linea morbida e il governatore forzista Giancarlo Galan non ha risparmiato frecciate allo spregiudicato Bitonci.
Il quale invece ha avuto buon gioco ieri a «rassicurare tutti i sindaci che temevano di essere raggiunti da avvisi di garanzia: l’ordinanza può essere firmata con assoluta tranquillità nella sua interezza». Dalla sua parte il sindaco di Cittadella ha anche il decreto sulla sicurezza convertito rocambolescamente in legge l’altra sera, secondo cui un comunitario può essere espulso anche in base alle «segnalazioni motivate del sindaco del luogo di soggiorno del cittadino dell’Unione o del suo familiare».
L’«ordinanza Bitonci» è stata l’argomento principale di una riunione tra una settantina di sindaci leghisti che si è svolta ieri nella redazione della Padania in via Bellerio a Milano, presente Umberto Bossi e alcuni parlamentari del Carroccio che sono stati anche sindaci come Giancarlo Giorgetti, Ettore Pirovano e Cesarino Monti. Oltre a quello di Cittadella c’erano tra gli altri i sindaci di Novara Massimo Giordano (che ha posto un limite al numero di stranieri che possono abitare in una casa assieme) e Varallo Sesia Gianluca Buonanno (che obbliga gli stranieri a frequentare corsi di lingua e cultura italiana).
Nel dibattito si è fatto anche un quadro della diffusione di questo movimento di sindaci che ha rotto gli indugi decidendo di intervenire sulla questione della sicurezza e dell’ordine pubblico. L’ordinanza di Bitonci è stata adottata da grossi centri della Brianza come Seregno e Lissone; altri sindaci si apprestano ad applicarla nelle province di Como e Varese mentre nella sola provincia di Bergamo sono 43 i comuni che hanno sottoscritto i due provvedimenti di Cittadella e Caravaggio (vietato sposare stranieri privi di permesso di soggiorno).
Il «modello Caravaggio», come lo chiama il sindaco Giuseppe Prevedini, è stato ieri dichiarato illegittimo dal prefetto di Bergamo, Camillo Andreana. «Il comune è tenuto ad affiggere le pubblicazioni matrimoniali e non può rifiutarsi - ha scritto il prefetto in una lettera di richiamo a Prevedini -, sebbene l’ufficiale di Stato civile abbia facoltà di segnalare eventuali irregolarità alle forze dell’ordine».
Il sindaco rischia una diffida che potrebbe anche portare allo scioglimento d’ufficio del consiglio comunale. Ma i leghisti tengono duro: i 43 sindaci hanno firmato lo stesso le ordinanze e questa mattina, assieme a Bossi, manifesteranno per protesta davanti alla prefettura di Bergamo.
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