Cittadini

Congedo parentale: come funziona e cosa cambia tra lavoratori del pubblico e del privato

Esiste un'importante differenza tra i permessi a lavoro in base all'età dei figli: ecco quali e cosa cambia se si richiede il congedo parentale

Congedo parentale: come funziona e cosa cambia tra lavoratori del pubblico e del privato

Ascolta ora: "Congedo parentale: come funziona e cosa cambia tra lavoratori del pubblico e del privato"

Congedo parentale: come funziona e cosa cambia tra lavoratori del pubblico e del privato

00:00 / 00:00
100 %
Tabella dei contenuti

Capita molto spesso, specialmente durante i mesi scolastici, che uno o entrambi i genitori debbano chiedere ore o giorni di permesso a lavoro per stare accanto ai figli in caso di malattia: la disciplina che regola questo aspetto è il "Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità", pubblicato in Gazzetta Ufficiale con l'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 che regola i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori "connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità".

Cosa prevede la legge

I punti importanti che riguardano i permessi dei genitori sono essenzialmente legati all'età dei figli: se è inferiore ai tre anni, ecco che ci si può assentare dal luogo di lavoro per l'intera giornata, con un'età compresa fra tre e otto anni, invece, ai genitori viene data la possibilità di assentarsi per non più di cinque giorni nell'interno arco dell'anno. È chiaro che l'assenza comporta, sempre, la presenza di un certificato medico che possa confermare la malattia del figlio o dei figli. Come spiegano gli esperti, per i giorni in cui viene richiesto il permesso "non è prevista alcuna retribuzione e i giorni di permesso non contribuiscono all’accumulo di ferie retribuite né alla percezione della tredicesima".

Chi lavora nel pubblico, invece, la situazione è diversa perché "è prevista la retribuzione completa per un massimo di 30 giorni all’anno, tra entrambi i genitori, durante i primi tre anni di vita del bambino". Quando, come abbiamo visto, i figli superano i tre anni cambia tutto: né i lavoratori del settore pubblico e nemmeno quelli del privato avranno diritto a una retribuzione quando chiedono i permessi per malattia dei loro figli oltre alla possibilità di veder ridotta anche la contribuzione figurativa.

Come funziona il congedo parentale

Invece, una situazione differente si ha in caso di congedo parentale che, come si legge sul sito del Dipartimento per le Politiche della Famiglia, "è un periodo di astensione facoltativo dal lavoro, concesso ai lavoratori e alle lavoratrici per prendersi cura del proprio figlio nei suoi primi anni di vita e soddisfarne i bisogni affettivi e relazionali. Durante tale periodo di assenza dal lavoro, i lavoratori e le lavoratrici percepiscono un'indennità economica sostitutiva del reddito da lavoro". In questo caso, il periodo per accudire i figli può essere esteso fino ai 12 anni e può essere utilizzato, in modo flessibile, sia dagli autonomi che dai privati.

Cosa prevede il trattamento previdenziale

Infine, per quanto riguarda i permessi legati alla malattia dei figli è scesa in campo l'Inps che chiarisce l'utilizzo della contribuzione figurativa: fino ai tre anni, entrambi i genitori continueranno a percepire i propri diritti anche se non si trovano nel luogo del lavoro con un accredito del 100% dell'importo previsto.

Viceversa, se i figli hanno un'età compresa fra tre e otto anni ecco che la copertura scende drasticamente riducendosi anche del 200% "del valore massimo dell’assegno sociale, proporzionato ai giorni in cui il lavoratore è stato assente".

Commenti