Movimenti sul conto corrente, la Cassazione: legittimo effettuare i controlli senza giustificazioni

La sentenza deriva dall'analisi del caso di una società impegnata nel settore delle costruzioni

Movimenti sul conto corrente, la Cassazione: legittimo effettuare i controlli senza giustificazioni
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Ogni contribuente è tenuto a fornire chiare motivazioni sui movimenti di denaro in entrata o in uscita da un conto corrente del quale è intestatario o cointestatario: qualora si verificasse un'inottemperanza a tale obbligo, quindi anche nel caso in cui le giustificazioni non fossero ritenute valide, l'Agenzia delle entrate può dare avvio ai conseguenti controlli per rilevare eventuali evasioni fiscali.

Così ha deliberato con una recente sentenza la Corte di Cassazione, analizzando il caso di una società impegnata nel settore delle costruzioni. Le verifiche condotte dalla GdF hanno permesso di rilevare numerose irregolarità, come, solo per citarne alcune, fatture emesse senza tutti i dettagli richiesti, registrazioni di fatture per spese ritenute non pertinenti o ritenute d'acconto mai versate. Individuate le irregolarità, gli inquirenti hano dato avvio a controlli più minuziosi sul conto corrente della Srl ma anche su quelli del legale rappresentante, del procuratore generale e di alcuni familiari risultati beneficiari di fatture emesse dalla società.

Da ciò la richiesta della GdF agli indagati di fornire la giusta documentazione bancaria: richiesta a cui fece seguito l'invio di informazioni lacunose con giustificazioni incomplete e non credibili. A questo punto l'Agenzia delle entrate, che contestò tale documentazione, diede avvio agli accertamenti riuscendo a ricostruire il reddito non dichiarato dalla Srl. Tale procedura, la cui validità fu ritenuta valida dalla Commissione tributaria provinciale di Salerno, fu contestata dalla Srl. L'appello, tuttavia, fu respinto dalla Commissione tributaria regionale della Campania: i giudici ritennero che le informazioni derivanti dalle indagini sui conti correnti fossero assolutamente pertinenti nonché necessarie per effettuare gli accertamenti previsti dall'Art. 32 delle disp. accert. imp. Redditi.

Inutile per la società il tentativo di ricorrere in Cassazione: gli Ermellini hanno confermato il fatto che, una volta determinati i movimenti in entrata e in uscita su un conto corrente, è dovere del titolare quello di fornire valide giustificazioni di queste operazioni bancarie: per quanto concerne i prelievi, va provato che essi derivino da acquisti poi correttamente contabilizzati oppure da costi sostenuti per l’attività produttiva. "In tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del D.P.R. n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell'erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l'obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l'efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze", ha spiegato la Suprema Corte.

Per quanto concerne il caso in esame, i giudici avevano rilevato sia il fatto che per alcuni conti correnti

non era stata prodotta adeguata documentazione e per altri non era stata dimostrata l'irrilevanza reddituale: ecco perché gli accertamenti decisi dall'Agenzia delle entrate sono stati ritenuti legittimi.

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