In pensione a 64 anni: ecco cosa può cambiare coi fondi complementari

Con le nuove regole i versamenti integrativi entrano nel calcolo per la pensione anticipata: dai dipendenti agli autonomi, ecco quanto bisognerebbe accantonare

In pensione a 64 anni: ecco cosa può cambiare coi fondi complementari
00:00 00:00

La previdenza complementare in Italia fatica ancora a decollare. Secondo i dati della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), soltanto il 38,3% dei lavoratori ha aderito a un fondo pensione e appena il 27,6% versa regolarmente il Tfr o contributi aggiuntivi. Numeri ancora bassi, nonostante gli incentivi non manchino. Con la Legge di Bilancio 2025, inoltre, sono state introdotte nuove opportunità che rendono più stretto il legame tra la pensione pubblica e quella integrativa.

L’uscita anticipata grazie alla previdenza complementare

Dal 2012 esiste la pensione anticipata contributiva, che consente a chi ha almeno 20 anni di contributi di lasciare il lavoro a 64 anni, anziché a 67. La novità introdotta dalla Manovra 2025 è che per raggiungere l’importo minimo richiesto dall’Inps si possono considerare anche le somme accumulate nei fondi pensione. Un vantaggio concreto per chi ha carriere discontinue o redditi più bassi, che altrimenti faticherebbe a maturare la soglia necessaria solo con i versamenti previdenziali obbligatori.

Il ruolo del Tfr

Per i lavoratori dipendenti il Tfr rappresenta una risorsa preziosa. Invece di lasciarlo fermo in azienda, si può destinarlo a un fondo pensione: in questo modo diventa un capitale che cresce negli anni, soprattutto se investito in comparti con maggiore esposizione ai mercati. Per molti giovani, l’accantonamento del solo Tfr potrebbe già bastare a costruire una rendita che consente di anticipare l’uscita dal lavoro di qualche anno.

Le agevolazioni per le donne

Le donne sono spesso penalizzate da stipendi più bassi e da interruzioni di carriera legate alla maternità. Per questo la Legge di Bilancio ha previsto per loro una soglia più bassa di pensione anticipata contributiva. In particolare, le lavoratrici con figli potranno accedere alla pensione con requisiti meno severi, sia che siano dipendenti, sia che siano autonome. È un correttivo importante, che rende la previdenza complementare più "appetibile" per le madri lavoratrici.

Quanto serve versare

Una stima su quanto sia necessario versare per costruire una pensione integrativa sufficiente ad anticipare l’uscita, arriva da Moneyfarm. Per i dipendenti, che possono contare sul Tfr, le cifre risultano relativamente contenute: a un quarantenne che sceglie una linea azionaria potrebbe bastare, ad esempio, un versamento volontario di 58 euro al mese, mentre per un cinquantenne orientato a investimenti più prudenti la spesa salirebbe fino a 568 euro mensili.

Diverso il discorso per gli autonomi, che non hanno Tfr. In questo caso si va su cifre più alte: circa 69 euro al mese per un trentenne, 94 per un trentacinquenne, 157 per un quarantenne e fino a 480 euro per un cinquantenne. Le donne, invece, beneficiano di soglie più basse: per una lavoratrice autonoma trentenne il versamento richiesto parte da 22 euro al mese, mentre per una professionista cinquantenne si arriva a 219 euro.

Una possibilità in più

In sintesi, il fondo pensione non è l’unica strada per costruire un’integrazione previdenziale, ma con la nuova normativa diventa uno

strumento che può incidere direttamente sull’età di uscita dal lavoro. La convenienza dipende, naturalmente, dalla posizione individuale: reddito, continuità lavorativa, età e capacità di risparmio.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica