Soldi in regalo? Ecco quando possono diventare un problema: tutto quello che c'è da sapere

A seconda della quantità di denaro donato e del grado di parentela possono cambiare i doveri del contribuente

Pixabay
Pixabay
00:00 00:00

Quando si ricevono dei soldi in dono da un congiunto, l'idea di fondo è che si tratti sempre di questioni di famiglia, ma in casi del genere, da un punto di vista fiscale, possono esserci delle variazioni anche rilevanti a seconda della quantità di denaro e del grado di parentela. È sempre possibile incassare la cifra ricevuta senza pagarci le tasse?

Stante quanto determinato dall'articolo 6 del d.P.R. 917/1986, il denaro ricevuto in dono non concorre a formare il reddito imponibile, per cui, non influenzando il computo dell'Irpef, non si inserisce in dichiarazione. Ciò nonostante, qualora la cifra ricevuta sia particolarmente cospicua, le norme vigenti prevedono la stesura di un atto notarile e l'assoggettamento della somma all'imposta sulle donazioni. Questa tassa varia a seconda della consistenza della donazione nonché sulla base del grado di parentela tra donante e donatario.

Nel caso in cui si tratti del coniuge o di un parente in linea retta di primo grado (genitore/figlio), l'imposta viene applicata solo se il valore della donazione supera il milione di euro. Aldilà di questa soglia si applica un'aliquota del 4% sulla parte eccedente la franchigia, il che significa che su 1,2 milioni il calcolo va effettuato sui 200mila euro (cioè un'imposta di 8mila euro).

Se la donazione avviene tra fratelli/sorelle la franchigia scende fino a 100mila euro: per la parte eccedente viene applicata un'aliquota del 6%. Per le donazioni da congiunti fino al quarto grado o affini in linea retta o collaterale non esiste alcuna franchigia: sulla somma ricevuta si paga un'aliquota del 6%. La franchigia non esiste neppure se a donare dei soldi sono persone estranee al nucleo familiare: in questo caso l'aliquota da versare sale fino all'8%.

Ovviamente il punto focale è stabilire quando si può parlare di un "modico valore" su cui non è necessario applicare l'imposta sulle donazioni né produrre un atto notarile. In questo caso la legge non ha previsto una cifra esatta, ma il comma 2 dell'articolo 783 del codice civile parla di una valutazione "anche in rapporto alle condizioni economiche del donante". Quando si è trovata a deliberare su situazioni del genere, la Corte di Cassazione ha ribadito il concetto, stabilendo che per determinare la reale entità di una donazione sia necessario valutare il patrimonio del donante: per un contribuente con un patrimonio milionario, ad esempio, anche una cifra in apparenza consistente, come 30mila euro, può essere considerata di "modico valore".

Per evitare rischi inutili è sempre consigliabile effettuare il passaggio di denaro

con metodi tracciabili, quali bonifici, assegni o tramite carta, indicando semplicemente nella causale "donazione" o "liberalità". In caso di contanti, invece, basta tenere presente sempre il limite dei 5mila euro.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica