La Tari si paga anche nei luoghi di culto: cos'è cambiato

Anche chiese e luoghi di culto dovranno pagare la Tari, una decisione storica del ministero dell'Economia e delle Finanze

La Tari si paga anche nei luoghi di culto: cos'è cambiato
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Tutti sono tenuti a pagare la tassa relativa alla gestione dei rifiuti (Tari), anche i luoghi di culto. A stabilirlo è il ministero dell'Economia e delle Finanze, che con una recente risoluzione ha precisato che i luoghi destinati esclusivamente al culto non sono da considerare automaticamente esenti.

Una decisione a dir poco storica. Con la risoluzione del 15 settembre 2025, il Mef ha indicato quelli che sono i limiti dell'esenzione dal versamento della Tari, non riconoscendo alcuna disposizione che stabilisca l'esenzione per i luoghi di culto. Il ministero dell'Economia e delle Finanze precisa che il Comune può stabilire delle riduzioni in determinate circostanze, come disposto dall'art. 1, comma 659, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

Mediante proprio regolamento, dunque, il Comune può applicare delle riduzioni solo per quelle abitazioni con un singolo occupante, oppure quelle dimore tenute a disposizione solo per usi stagionali, limitati o comunque discontinui. Allo stesso modo, il Comune può agire su quei locali e/o aree scoperte che sono adibite a un uso non continuativo, ma comunque ricorrente. Delle riduzioni possono essere applicate per quelle abitazioni occupate da soggetti che vivono all'estero per più di sei mesi l'anno, oppure per quei fabbricati rurali a uso abitativo. Nel gruppo ci sono anche le attività di prevenzione nella produzione dei rifiuti.

Nella risoluzione del ministero si legge dunque che "i luoghi di culto non rientrano tra le fattispecie per le quali è prevista espressamente la facoltà per il Comune di stabilire riduzioni o esenzioni. Inoltre, occorre considerare anche il successivo comma 660 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013, il quale prevede che il comune può deliberare, sempre con regolamento, ulteriori riduzioni ed esenzioni rispetto a quelle previste dal citato comma 659 e che la relativa copertura può essere disposta attraverso apposite autorizzazioni di spesa e deve essere assicurata attraverso il ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale del Comune".

Viene poi fatto riferimento a un pronunciamento della Suprema Corte, la quale ha recentemente ribadito che un'eventuale agevolazione (riduzione oppure esenzione) può essere applicata dal Comune, ma solo in armonia con il principio del "chi inquina paga". Dunque solo nel caso in cui venga riconosciuto che l'immobile o area in esame non sono idonee alla produzione di rifiuti.

Deve quindi essere accertata "l'effettiva destinazione al culto degli edifici in questione – dal momento che non esiste nel nostro ordinamento una definizione di culto recata da una specifica norma – e che nella denuncia originaria o di variazione sia indicata la destinazione dell'immobile, non essendo sufficiente la mera classificazione catastale".

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