La videosorveglianza è uno degli argomenti che più spesso accendono le discussioni nelle assemblee condominiali. La linea di confine tra sicurezza e tutela della privacy, infatti, non è sempre percepita con chiarezza. Ma su un punto la giurisprudenza è concorde: l’assemblea non ha il potere di imporre la rimozione delle telecamere installate da un singolo condòmino.
Telecamere condominiali: decide l’assemblea
Dal 2012, con la riforma del condominio, il Codice Civile ha introdotto l’articolo 1122-ter, secondo cui l’assemblea può deliberare l’installazione di un impianto di videosorveglianza sulle parti comuni con una maggioranza (prevista dall’articolo 1136) pari alla metà più uno dei presenti che rappresentino almeno 500 millesimi.
In questo caso si parla di un impianto “condominiale”, che deve rispettare le regole fissate dal Garante per la Privacy: segnaletica ben visibile, limiti nelle aree riprese, tempi di conservazione delle immagini.
Telecamere private: un diritto del singolo
Ben diversa è la situazione quando un singolo condòmino decide di installare una telecamera per proteggere la propria abitazione, il garage o il posto auto. Qui non serve alcuna autorizzazione assembleare: l’installazione è legittima a condizione che:
non vengano ripresi spazi di proprietà esclusiva di altri condòmini (finestre, terrazzi, interni);
l’inquadratura delle parti comuni sia limitata a quanto necessario per tutelare la propria proprietà.
Su questo punto la Cassazione, con la sentenza n. 71/2018, è stata molto chiara: un condòmino può installare una telecamera orientata sulla porta d'ingresso di casa propria, anche se riprende il pianerottolo, purché non invada la sfera privata altrui.
L’assemblea non può deliberare la rimozione
È quindi errato pensare che l’assemblea possa “votare” e imporre la rimozione di una telecamera privata. Una simile decisione travalicherebbe le competenze dell’organo collegiale, andando a incidere su un diritto individuale.
La Cassazione penale (sentenza n. 34151/2017) ha inoltre escluso qualsiasi reato per il condòmino che installa telecamere a protezione della sua abitazione, anche quando queste riprendono aree comuni. L’assemblea, di conseguenza, non può ordinare la rimozione, semmai i condòmini che si sentono lesi possono rivolgersi al giudice o al Garante Privacy, dimostrando l’illegittimità delle riprese.
Privacy e limiti da rispettare
Non bisogna però dimenticare che l’uso di telecamere private deve comunque rispettare la normativa in materia di dati personali.
Il Garante per la Privacy (Provvedimento 8 aprile 2010 e Linee guida successive) ha stabilito che le telecamere domestiche non devono avere finalità di videosorveglianza generalizzata sulle aree comuni, ma devono essere finalizzate esclusivamente alla protezione di beni e persone.