A Cl manca il coraggio di confrontarsi

Antonio Socci

Signor Direttore,
come lei sa per antica amicizia, non replico mai ad attacchi volgari e conditi di falsità. Così farò anche nel caso dell'articolo di Luigi Amicone uscito sul Giornale di domenica. Mi permetta solo di informare i suoi lettori, per il rispetto che meritano, di un particolare perché possano valutare chi è l'autore di quell'invettiva e chi è il sottoscritto. Dunque il suddetto Amicone, direttore di Tempi, a un certo punto, con la sua tipica «eleganza» mi sfida («voglio vedere se hai le palle») a un «duello rusticano davanti al popolo del Meeting», cioè a una disputa pubblica a Rimini sulle critiche che io ho rivolto al Meeting. Ovviamente mi sono subito detto disponibile, ma il suddetto Amicone, dopo aver lanciato la sfida pubblica, su un giornale nazionale, mi ha fatto sapere in privato che no, ovviamente mai e poi mai lui può proporre al Meeting una cosa simile, né il Meeting accetterebbe un dibattito finalmente libero su questi argomenti.
Naturalmente il direttore di Tempi avrebbe potuto, col suo giornale, organizzare lui, a margine del Meeting, tale dibattito, ma non ritiene evidentemente di potersi permettere il «lusso» di essere un uomo libero e nemmeno una persona seria.
Con ciò il «caso Amicone» per me è chiuso. Resta invece aperta la questione importante: il «problema Meeting», anzi il «caso Cl». Quindi il tracimare della Compagnia delle Opere sulla natura ecclesiale del movimento e la necessità di un clima di cordiale libertà al suo interno. Non c'è solo il «dialogo» con i lontani (come il ministro Bersani che si «incorona» teologo sul palco del Meeting), ma sarebbe auspicabile anche il dialogo libero in casa propria, con i familiari.

Che oggi sembra assolutamente vietato.

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