Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica
C’era anche il nome di Lorenzo Cesa nelle carte dell’inchiesta sulle squillo di R.F. che frequentavano le stanze di Montecitorio e personaggi dell’entourage dell’allora premier Massimo D’Alema. Quell’indagine, chiusa a tempo di record nel 2000 con la condanna della sola R.F., gira proprio intorno al nome della donna, che tramite le «prestazioni» sue e delle sue ragazze avrebbe ricavato vantaggi per le sue società «ufficiali», attive nel campo della comunicazione. E tra le intercettazioni, alcune tirano in ballo l’attuale segretario dell’Udc, Cesa.
Una telefonata di fine settembre del ’99, per esempio, mette in rilievo una litigata tra R.F. e la sua segretaria. La maîtresse chiede a quest’ultima «se ha mandato il fax al dottor Cesa», si legge in una relazione della polizia. «La segretaria le risponde di sì – prosegue il documento – e R.F. le comunica che si è sbagliata in quanto ha mandato il fax per il Cesa direttamente al Ccd, sede di partito, in quanto l’ha avvertita tale Lorenzo. R.F. prosegue con tono adirato», spiegano gli inquirenti, invitando la segretaria a non commettere più questi errori.
Ma che rapporti c’erano tra R.F. e Cesa, tali da giustificare l’invio di fax riservati all’uomo che sarebbe diventato segretario dell’Udc? Un verbale di un imprenditore, Claudio Barzocchini, una chiave di lettura la offre: «Conobbi R.F. nel 1983 (...). Dopo un periodo di frequentazione la persi di vista rincontrandola nuovamente nel 1995, circa, durante un congresso del partito dei Cristiano Democratici. Per quanto mi è stato detto da R.F. lei era lì in qualità di organizzatrice di tutto il congresso e nell’occasione riallacciammo i rapporti di amicizia. Da quel giorno - insiste il costruttore - venni a sapere che era consociata con Cesa Lorenzo ed avevano creato un’agenzia di pubblicità e grafica denominata Global service. In seguito R.F. si aprì una società da sola».
Le carte processuali poi riportano le visure relative alle società che facevano capo al politico e alla donna. E qui un legame c’è. Una società a responsabilità limitata, la Global Media, che si occupa di eventi e comunicazione, e vede gran parte dei suoi 20 milioni di lire di capitale sociale divisi proprio tra R.F. e Cesa. La prima intestataria di quote per otto milioni, il secondo per 11 milioni.
I due erano dunque soci. E, va detto, la Global Media non è un’azienda ignota alle cronache, anzi. Fondata da Cesa quindici anni fa, quando il segretario Udc aveva lasciato la politica, la Global Media era già finita sui giornali, un paio d’anni fa, quando su quella società si concentrò l’attenzione della Procura di Catanzaro, che commissionò una perizia sui flussi bancari in entrata e in uscita. Cesa, che nel frattempo aveva ceduto le quote ai familiari, aveva fatto lavorare bene la sua azienda, che a quanto accertarono i periti fatturava quasi 7 milioni di euro l’anno, vantando clienti importanti. La stessa Udc (per conto della quale Global Media ha anche organizzato un congresso), Enel, Finmeccanica, Lottomatica e altri: in sei anni, tra 2001 e 2006, la società avrebbe incassato oltre 30 milioni di euro.
Quel che i poliziotti avrebbero voluto approfondire qualora i superiori li avessero lasciati fare, era perché Cesa e R.F. s’erano messi a fare affari insieme. Dagli incartamenti assemblati dall’autorità giudiziaria, infatti, non s’è mai capito il ruolo effettivo ricoperto dalla donna in quella società. Così come la squadra mobile non è riuscita ad approfondire il legame che vedeva R.F. vicina e appunto socia del politico centrista con il quale divideva le quote anni prima.
Il leader dell’Udc, che nel corso dell’inchiesta della Procura di Roma che vide R.F. condannata non è mai stato indagato né ascoltato come persona informata dei fatti, preferisce non commentare la «coincidenza» emersa a dieci anni di distanza.
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