«Noi applichiamo la legge, la Bossi-Fini. E quindi chi non ha i documenti negli asili non entrerà»: così, alle otto e mezzo di ieri sera, l’assessore alle Politiche sociali Mariolina Moioli chiude ogni varco nel braccio di ferro sull’ingresso dei figli di clandestini nelle scuole materne comunali. Un braccio di ferro che era sembrato risolto con reciproca soddisfazione ieri mattina, quando in tribunale era stata cancellata l’udienza che vedeva in campo il Comune contro M., la 37enne marocchina che in febbraio aveva chiesto e otttenuto dalla magistratura un provvedimento d’urgenza per iscrivere sua figlia a scuola. «Le parti hanno trovato un accordo», era stato detto in tribunale. Invece l’assessore fa sapere che non c’è nessuna marcia indietro. Il ricorso è stato ritirato solo perché si è scoperto che l’immigrata «faceva la furba»: la donna non è affatto clandestina, e - dice l’assessore - «ha fatto causa al Comune a fini strumentali tant’è vero che la sua domanda di iscrizione era stata già ricevuta e avviata».
La Moioli non lo dice esplicitamente, ma appare convinta che il vero fine dell’immigrata fosse sollevare un caso politico e mettere in difficoltà la giunta con un pronunciamento della magistratura. Come, in effetti, è avvenuto. Le tappe della vicenda sono note: il 17 dicembre la giunta dirama la circolare che blocca l’accesso agli asili comunali dei figli di immigrati irregolari; il governo minaccia per ritorsione di tagliare i finanziamenti; il 14 gennaio una donna marocchina presenta ricorso in tribunale dichiarandosi priva di permesso di soggiorno e chiedendo che al Comune venga ordinato di accogliere ugualmente l’iscrizione di sua figlia; l’11 febbraio il giudice Claudio Marangoni con un provvedimento d’urgenza stabilisce che la bambina venga iscritta a scuola.
Il Comune annuncia che rispetterà l’ordine del giudice, ma che presenterà ricorso. La piccola viene iscritta e, nelle graduatorie esposte l’altro giorno, risulta accettata per l’anno scolastico 2008-2009. È così che si arriva all’udienza di ieri, davanti al tribunale - presieduto da Ezio Siniscalchi - che deve decidere se confermare il provvedimento d’urgenza del suo collega Marangoni. Ma i legali del Comune fanno sapere che il ricorso è ritirato. Sembra l’annuncio della pace, «finalmente la vicenda si chiude positivamente» commenta la capogruppo del Pd Marilena Adamo. E invece no.
In serata Mariolina Moioli dirama un comunicato: «Sul piano tecnico-giuridico l’ordinanza del giudice va recepita e i dirigenti hanno provveduto ad applicarla. Ma l’ordinanza è scaturita da un ricorso strumentale, infatti la ricorrente risulta all’anagrafe residente nel Comune di Milano e la sua richiesta di inserimento in graduatoria era già stata avviata». Solo per questo il ricorso è stato ritirato. Dopodiché la Moioli va all’attacco: «Sul piano politico riaffermiamo il rispetto della legalità e la contrarietà alla clandestinità». Cosa vuol dire, in concreto, assessore? «Che le domande verranno accolte tutte con riserva. E quelli senza le carte in regola non entrano».
Il giudice Marangoni aveva suggerito di usare come criterio per accogliere le domande anche la abituale residenza a Milano... «La "abituale residenza" - replica l’assessore - non è un concetto che fa parte del diritto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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