Clandestini, per il Vaticano "l’emergenza non è negativa". Ma tutti scrivono il contrario

Il paradosso dell’informazione telecomandata: i giornali sanno che il provvedimento preso dal governo è identico a quello degli anni precedenti, ma fanno finta che non sia così

Clandestini, per il Vaticano "l’emergenza non è negativa". Ma tutti scrivono il contrario

Emergenza, emergenza, emergenza. Diceva il saggio: «Quanto più una notizia è stampata a grandi lettere, tanto più la gente penserà che è vera». Ci avete fatto caso? Ieri i tre principali quotidiani italiani hanno aperto il giornale con lo stesso identico titolo cubitale: «Clandestini, stato d'emergenza». E giù litri d'inchiostro a tutta pagina, per sottolineare la parolina magica. Emergenza. Perché le parole sono importanti, per dirla alla Nanni Moretti: ma quando si adoperano a sproposito, diventano armi di distrazione di massa. Parole stupefacenti, nel senso che annebbiano, addormentano, drogano le coscienze. Si scrive «Stato d'emergenza», ma sui giornali si legge «Stato d'assedio». Tipo quello di Bava Beccaris di fine Ottocento: sai, le fucilate sulla folla, i processi sommari, si salvi chi può.
L'ultimo scandalo di cartapesta è confezionato ad arte sulle dichiarazioni di Monsignor Marchetto, segretario del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti. Il quale si è limitato a dire ciò che qualsiasi persona di buona volontà potrebbe dire: «Auspichiamo il rispetto dei diritti umani di tutti i lavoratori migranti»; «l'emergenza in sé non è negativa»; «per giudicare sulla bontà» dell'iniziativa del governo «bisognerà vedere i contenuti delle decisioni». Chiaro, limpido, equilibrato. Traduzione sul sito di Repubblica? «Monito del Vaticano, il governo rispetti i diritti», dove il concetto sotteso è che il governo non li sta rispettando. Ma vi pare?
Siamo di fronte, e non è la prima volta, a una raffinata strategia di comunicazione: distorcere, ingigantire, acciabattare una notizia per manovrare il lettore a seconda della bisogna. Uno stratagemma, questo, al servizio di una tesi o magari di un partito; ma della verità, mai. Le paginate immonde sullo «stato d'emergenza» annunciato dal governo andrebbero rilegate e vendute all'estero nel settore dell'editoria umoristica: il debito pubblico ne uscirebbe risanato. Pesco a caso da cronache e commenti: «Diritti umani a rischio», «Sconcerto del Quirinale», «Provvedimenti disumani». Quando il caso è già bell'e montato, il povero Maroni ha dovuto precisare il superfluo: e cioè che il fantomatico stato d'emergenza dei miei stivali esisteva già da sei anni. È un banale prolungamento di un'ordinanza del 2002, rinnovata sette volte: le ultime due da un certo Romano Prodi. E così la strombazzata rivoluzione militare di Maroni s'è rivelata la proroga di una proroga di una proroga. Un particolare che cambia tutto, direte voi: ma che stranamente sparisce dai giornali nostrani, o al massimo spunta a fondo pagina a caratteri microscopici. Del resto, come poteva essere altrimenti? Per suonare l'allarme democratico c'è bisogno di spazio su carta; per raccontare la realtà autentica, bastano due righe in un boxino.
È sufficiente sfogliare i quotidiani e armarsi di lente d'ingrandimento. La Repubblica scrive in grande: emergenza, fascismo, sconcerto, l'Europa vigilerà. E precisa in piccolo: «Lo stato d'emergenza è prorogato di anno in anno». Il Corriere della Sera, tra mille titoloni, arriva a scrivere che «tecnicamente il provvedimento è ragionevole e necessario», però «riacutizza le polemiche» e rappresenta «la voglia del centrodestra di aggirare i confini giuridici». Ma che significa? Che il provvedimento è giusto ma è sbagliato? Che è un atto dovuto ma anche no? Vacci a capire. Sull'Unità, poi, raggiungiamo l'iperspazio della malafede giornalistica. Questo il titolo: «Politica della paura, il governo è costretto a rettificare». Tradotto: Maroni ha fatto solo il suo dovere, ma adesso deve chiedere scusa. Avrebbero fatto prima a gettar la maschera e scriverlo chiaro e tondo in prima pagina: «È sempre colpa di Berlusconi». Sarebbe stato più onesto. In qualche modo l'idea è venuta a Valentino Parlato nell'editoriale sul Manifesto, che in sostanza dice: sì d'accordo, il provvedimento sull'emergenza è roba vecchia, ma «nell'attuale contesto del regime berlusconiano questa decisione è gravissima».

Ovvio no? Come abbiamo fatto a non capirlo prima? Tutte le peggiori balle dell'universo hanno il permesso di soggiorno sui giornali italiani. Soprattutto se clandestine. Se poi qualcuno scopre l'inganno, niente paura: a salvarci la faccia, e la penna, c'è «l'attuale contesto berlusconiano».

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