Anni fa ci fu anche chi, insospettito dalla prudenza dei custodi, pensò che quelle lettere contenessero particolari sui rapporti tra Benito Mussolini e Winston Churchill. Ora che alcune di quelle buste sono state aperte da giornalisti e storici, lopinione prevalente è che nel carteggio tra Claretta Petacci e il dittatore ci sia solo «tanto romanticismo», anche se a senso unico, visto che Mussolini non ha mai risposto alle lettere. Ci sono frasi damore e le inevitabili gelosie della donna che diventò lamante ufficiale del Duce, fedele fino a quando decise di morire insieme a lui a Dongo nel 1945. Forse materiale di scarso valore storico, insomma, ma comunque conteso, visto che gli eredi della Petacci hanno ingaggiato con lo Stato una battaglia per riavere le lettere e acquisire i diritti per uneventuale pubblicazione.
Lultimo atto si è consumato lunedì, con un parere del Consiglio di Stato. Ad attivare lultimo grado della giustizia amministrativa era stato il ministero ai Beni culturali, chiamato in causa dallunico erede di Claretta, Ferdinando Petacci che vive negli Stati Uniti. Il suo legale aveva proposto al dicastero responsabile dellarchivio di Stato un accordo che consisteva nella restituzione almeno di quelle lettere che non hanno un valore storico, sostenendo che ormai quella vicenda - che ai tempi dellacquisizione, cioè il 1950, era «recente» - ormai «è diventata remota» e che quindi non ci sono più ragioni per non restituire i documenti ai discendenti. Il Consiglio di Stato gli ha dato torto sostenendo che il tempo trascorso «non ha reso irrilevante linteresse dello Stato» perché uno dei personaggi coinvolti - Benito Mussolini - «è uno dei più significativi dellItalia della prima metà del XX secolo». I giudici hanno stabilito che le lettere potranno essere consultate e alcune anche pubblicate. Bisognerà però valutare caso per caso leffettiva consistenza dellinteresse pubblico alla conoscenza delle missive. Per le altre lettere, quelle che possono essere classificate come semplice corrispondenza personale, saranno gli eredi a dover decidere delleventuale pubblicazione. Con il parere del Consiglio di Stato sembrano comunque cadere gli ultimi impedimenti a una libera consultazione delle 600 lettere raccolte in venti faldoni.
In sintesi, i giudici hanno dato torto al ministero sostenendo che la rilevanza storica prevale sui limiti di privacy e di sicurezza previsti dalla legge.
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