È sempre stata in larga misura opinabile la graduatoria dei massimi campioni del volante. Primo, perché, trattandosi di uno sport meccanico, il fattore macchina gioca un ruolo preponderante. Secondo, perché, obiettivamente, in più di un secolo di competizione automobilistica d'alto livello (unanimemente, il «Grand Prix de l'Automobile de France» del 1906 è considerato il punto iniziale dell'appassionante avventura) le componenti tecniche hanno reso pressoché impossibile ogni paragone. Terzo, perché ognuno limita l'esercizio della classifica globale alle proprie conoscenze, sia nell'arco di tempo vissuto, sia nell'apprendimento dagli annali storici.
Nei miei sessant'anni di vita motoristica, ad esempio, sono stato chiamato mille volte a rispondere al ricorrente interrogativo: chi è stato il migliore in assoluto? E ho sempre risposto: Nuvolari. Solo ed esclusivamente in base alle conoscenze storiche - e alle testimonianze dei maggiori personaggi conosciuti professionalmente - che ho potuto accumulare, giacché ho assistito ad una sola esibizione in pista del campionissimo, ormai a fine carriera, e ho avuto una sola volta il privilegio di parlargli, in occasione di un memorabile incontro con Enzo Ferrari e Giovanni Canestrini, all'Aerautodromo di Modena. Però, ad un certo punto del mio percorso, ho tentato, assieme ad alcuni amici tecnicamente molto ferrati, di uscire dalle solite valutazioni statistiche, aggiungendo qualcosa di teoricamente consistente. E l'idea nuova è stata quella di inserire un parametro significativo, per confrontare le macchine di epoche molto diverse: l'entità delle forze laterali, ovvero la nota accelerazione trasversale in percorrenza di curva. Ebbene, in base a questa importante valutazione, la risposta più alta sulle capacità di pilotaggio, con pneumatici, motori e telai tanto diversi, ha assegnato i migliori punteggi proprio a Tazio Nuvolari, seguito da grandi guidatori del calibro di Manuel Fangio, Alberto Ascari, Jim Clark, Achille Varzi, Ayrton Senna, Jackie Stewart, Jean Pierre Wimille, Niki Lauda, Stirling Moss, Bernd Rosemayer, Rudolf Caracciola, Michael Schumacher, Alain Prost, eccetera.
Poi, a questa importante attitudine tecnica, ognuno può aggiungere tutti i meriti relativi ai gran premi vinti, ai titoli mondiali (dall'istituzione del 1950), alle doti agonistiche e umane, per raggiungere una graduatoria più completa e attendibile di quella proposta dal quotidiano inglese Times (Clark, Senna, Schumacher, Prost, Stewart).
Certamente, le mie conoscenze su Jim Clark, come su Fangio, Ascari o Senna, sono state profonde.
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