Class action, maggioranza ancora divisa

Restano fuori molte associazioni. No di Rnp, Ds e Udeur

da Milano

La frattura nella maggioranza sulla class action non accenna a ricomporsi. Lo scorso 15 marzo tre parlamentari della maggioranza (Donatella Poretti della Rosa nel pugno, il dipietrista Stefano Pedica e l’Udeur Gino Capotosti) hanno convocato una conferenza stampa per manifestare il proprio fermo dissenso nei confronti del disegno di legge Bersani, che la Camera discuterà a giugno, perché questa «class action non è efficace» (come già denunciato a gennaio dal Giornale, ndr) in quanto «non prevede la possibilità ai cittadini danneggiati di associarsi per iniziare un’azione di risarcimento».
In effetti la proposta Bersani, avversata peraltro anche dal ds Grillini, consente l’azione giudiziaria collettiva «solo attraverso le Camere di commercio, le associazioni professionali e le consumeristiche generaliste di tutela che fanno parte del Cncu presso il ministero dell’Industria».
«In un’orgia di conflitti di interesse», denuncia al Giornale Domenico Bacci, segretario di Siti (Sindacato italiano per la tutela dell’investimento e del risparmio), il testo del governo non consente azioni collettive a quelle associazioni che al contrario godevano di doverosa legittimazione attiva in un testo approvato alla Camera con consenso bipartisan nella scorsa legislatura».
Con palese vizio di costituzionalità «perché - spiega Bacci - in spregio agli articoli 3, 18 e 24 della Costituzione delegittima associazioni di indiscussa rappresentatività (Telefono rosa, Familiari e vittime della strada, Greenpeace, Wwf) che insieme a molte altre hanno aderito al coordinamento di associazioni promosso dal Siti per la modifica del disegno di legge».
Insomma, una «claque action» come l’ha definita Bacci, ben lontana da quel modello anglosassone che, come ha detto nei giorni scorsi un esponente della maggioranza «fa tremare multinazionali, poteri forti e a volte anche i governi». Noi vogliamo creare una class action all’europea, ha detto Bersani nei giorni scorsi, anzi un collective redress (ricorso collettivo, ndr).
Al di là delle dichiarazioni programmatiche, resta lettera morta anche l’impegno assunto a febbraio da Palazzo Chigi per estendere la class action anche «alle associazioni di categoria per l’autotrasporto».

«Spero che questo impegno rappresenti un primo passo verso il doveroso allargamento della legittimazione attiva a tutti gli aventi diritto», dice Bacci «non voglio pensare che Prodi e il suo governo giochino a creare aspettative vane, strumentali al solo fine della revoca dello sciopero dei Tir... ». Fatto sta che in commissione Giustizia il testo Bersani giace immutato, in barba alle promesse del governo. In fondo giugno è lontano...
felice.manti@ilgiornale.it

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