«Vai ad arbitrare in parrocchia», urla uno dei calciatori al direttore di gara che ha fischiato un rigore (poi risultato decisivo) agli avversari. Nulla di strano, se la frase non arrivasse da uno studente della Pontificia Università Lateranense. Che ieri ha giocato la finale della Clericus Cup contro i neocatecumenali della Redemptoris Mater. Indossate maglie e scarpette da calcio, anche preti e seminaristi possono perdere le staffe.
Il football targato Vaticano si gioca allombra del Cupolone, ma lagonismo ha poco di spirituale ed ecumenico: in poco più di sessanta minuti entrate decise, qualche piccolo accenno di scontro e alcuni cartellini gialli. Chi ha seguito attentamente il torneo, durato tre mesi con sedici squadre e calciatori di 50 nazioni impegnati, racconta anche di quattro cartellini rossi e due azzurri (meno gravi, valgono unesclusione temporanea dal campo. Ma come mai tanto agonismo. «I cartellini sono figli del nostro tempo», commenta bonariamente monsignor Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense. Un tempo nel quale il calcio è una cosa seria anche per tonache presenti e future. Alloratorio San Pietro cè la tensione pre-gara con tanto di silenzio stampa, cè il tifo da stadio (quasi tutto di marca neocatecumenale) con cori in italiano, in spagnolo e in romanesco, megafoni e trombette, ci sono le polemiche per un rigore (netto per molti, ma non per gli universitari lateranensi) concesso allattaccante costaricano Ugalde. «Dispiace dire che siamo stati penalizzati da un arbitraggio che non mi è piaciuto molto», sottolinea Marco Cerquetani, allenatore della Lateranense. Che alla fine, però, smaltita la tensione della partita, abbraccia larbitro Filippo Moretti. «Questo cè vero sport - aggiunge monsignor Fisichella - limportante è che ci siano le premesse per il rispetto reciproco». Anche se poi si lascia sfuggire: «il rigore comunque non cera...».
I giocatori della Pontificia Università Lateranense non digeriscono la sconfitta, ma alla fine prevale la festa. Del tecnico dei neocatecumenali Simone Biondi, che dedica il successo «ai genitori che sono venuti a vedermi e grazie ai quali sono entrato in seminario». E di Davide Piermarini, che trasforma il rigore decisivo e pensa al fotografo ufficiale della Clericus Cup, deceduto improvvisamente giovedì scorso.
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