Un titolo e una copertina peggiori di questi sarebbe stato difficile pensarli. A cena con Lolita: come non ci fossero in giro già abbastanza copie in carta carbone di un archetipo letterario vecchio più o meno come lidea stessa di letteratura (la jeune fille che fa impazzire luomo detà). E la copertina: una bocca semidischiusa di ragazza, promessa di sa il cielo quali felicità ulteriori. Il paratesto è però a volte ingannevole. A cena con Lolita (Pendragon) è il debutto nel romanzo di Eva Clesis, grafica 25enne con esperienze di lavoro a Parigi e Milano e non ha niente a che vedere con il noioso porno giovanilistico che da qualche anno invade le librerie.
A differenza di tante sue coetanee, Clesis ha infatti una storia da raccontare e, soprattutto, una lingua adatta alla narrazione. La storia è quella delleducazione sessuale di una giovane donna - raccontata da un narratore esterno, ma certo non priva di riferimenti autobiografici. Leducation sentimentale è in realtà una discesa agli inferi, che parte dalla precocissima scoperta del piacere fino alla reificazione del proprio corpo. I rimandi a Marx e Lukàcs, se anche costituiscono le strutture ideologiche più evidenti del romanzo, sono per fortuna ben mascherati da unurgenza narrativa inconsueta nei romanzi di questi anni. Clesis vuol mostrare a che cosa possa ridursi unadolescente prima, una giovane dopo quandè alla ricerca di un senso nella sua vita. In una prospettiva senzaltro atea come la sua, il risultato non può essere se non la prova di tutto quel che si può provare; dallavventura con il supplente un po maggiore di lei, con cui perde linnocenza, al trasferimento in città per studiare giurisprudenza (scelta spiazzante quanto basta) e le prove come modella dal vivo per pittori di nudo, poi fotografi - fino alle esibizioni come entraineuse in locali per soli uomini, quanto dire la prostituzione. Il percorso, come simmagina, non è indolore e passa, duole dirlo, per limmancabile bulimìa: ma Clesis è narratrice scaltra abbastanza per non insistere troppo sulla molto vessata questione. Più interessante, invece, in un libro così duramente senza religione, davvero ateo, il senso di colpa che pervade ogni singola pagina. Non meno rilevante, nellorrida quadreria del disvalore che innerva le pagine di questo libro, il disprezzo verso il sesso maschile, bene espresso in poche righe che riguardano Pura Seta, soprannome di uno dei clienti dei locali a luci rosse: «lo trovava degno della sua pena più sincera» - e non sarà un caso che le uniche pagine damore siano riservate a un accoppiamento lesbico con una compagna di club, verso la fine del libro.
La lingua di Clesis è pensata per la pagina scritta e, a ribadirlo, adopera come stemma soprattutto il discorso indiretto libero, rimodellato da un lessico moderno ma non privo di originalità. Non di meno, è presente più di un richiamo cinematografico, a volte sottinteso, più di rado dichiarato.
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