Gian Micalessin
Il fallimento era a un passo. Fino allalba di ieri gli oltre cento ministri e i più di diecimila delegati riuniti a Montreal da mercoledì sembravano rassegnati al grande e doloroso funerale. Alla fine, però, l atteso miracolo si è compiuto e il gracile accordo di Kyoto ha ripreso vita. Sollevato dagli opprimenti e inattesi no della Russia, liberato dalla tradizionale repulsione di Washington, il trattato sulleffetto serra ha ripreso a respirare. E grazie allaccordo firmato da oltre 150 Paesi dovrebbe continuare a farlo anche dopo il 2012.
La Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici chiusasi ieri a Montreal è riuscita a trovare un accordo sui colloqui per definire i tagli alle emissioni di anidride carbonica e altre sostanze responsabili delleffetto serra anche dopo quel limite temporale del 2012 fissato dallaccordo di Kyoto. Laccordo potrà, insomma, venir procrastinato e aggiornato.
Fino alle prime luci del giorno lopposizione della Federazione Russa sembrava impedire la proroga dellintesa. Mosca, che lo scorso febbraio - come ha ricordato il ministro inglese dellambiente Margaret Beckett - aveva contribuito con il suo voto a far entrare in vigore gli accordi di Kyoto, esigeva per il futuro lapplicazione delle stesse regole ai Paesi in via di sviluppo. I russi tenevano sotto tiro soprattutto le industrie indiane e cinesi ancora non sottoposte a nessuno dei parametri di Kyoto nonostante lesponenziale crescita della produzione e laltrettanto devastante innalzamento delle emissioni inquinanti. «Quellaccordo così come sta non può ottenere il nostro consenso», ha continuato a ripetere fino alla tarda notte di venerdì il capo negoziatore russo Alexander Bedritsky. «Sarebbe una tragedia - gli rispondeva linglese Beckett - se la vostra decisione bloccasse qualsiasi possibilità di progresso». Alla fine solo le manovre diplomatiche della presidenza canadese e la promessa di affrontare tra breve anche la questione indiano-cinese hanno permesso di aggirare la scogliera russa e raggiungere il sospirato consenso generale.
In precedenza la presidenza canadese era riuscita a convincere anche gli Stati Uniti ad aderire ad un programma di dialogo aperto sulla lotta ai cambiamenti climatici sulla base di quanto definito dallassemblea delle Nazioni Unite del 1992. Per coinvolgere gli Stati Uniti è stata varata una dichiarazione finale meno impegnativa e priva, a differenza di quella di Kyoto, di vincoli e costrizioni. «Abbiamo trovato un accordo di base perché il testo adottato dallassemblea riconosce le diversità dapproccio al problema», ha detto il negoziatore americano Harlan Watson. Il risultato, seppur simbolico, viene considerato un successo alla luce del persistente rifiuto dellamministrazione Bush di sottoscrivere quegli accordi di Kyoto definiti «una camicia di forza per leconomia».
«Questa conferenza rappresenta uno spartiacque nella lotta ai cambiamenti climatici ma abbiamo davanti ancora molta strada», ha detto il commissario per lAmbiente europeo Stavros Dimas al termine dei lavori. Laccordo finale è stato salutato con entusiasmo da centinaia di ambientalisti che hanno abbracciato e festeggiato i ministri al termine dellodissea negoziale. «Cerano molti punti allordine del giorno su cui ci si sarebbe potuti attendere una resa alle tattiche dilatorie dispiegate dallamministrazione Bush e da altri, ma per fortuna questo non è avvenuto», ha detto Jennifer Morgan delegata del Wwf alla conferenza.
Laccordo finale è stato preceduto dallo scontro tra Stati Uniti e Canada innescato dalle dure critiche alla politica ecologica americana lanciate dal premier liberale canadese Paul Martin.
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