Clima, tavolo infinito Italia: "Pronti al veto" Sarkozy: serve accordo

La bozza di compromesso Ue propone l’introduzione graduale dei diritti di emissione di CO2 a pagamento. All’industria il 70% dei diritti gratuiti nel 2013 per arrivare al 20% nel 2020. Il premier: "Speriamo di non arrivare a dire no". Il presidente francese spinge per un'intesa

Clima, tavolo infinito 
Italia: "Pronti al veto" 
Sarkozy: serve accordo

Bruxelles - La bozza di compromesso della presidenza francese dell’Ue sul "pacchetto clima" ha proposto, per il Consiglio europeo che comincia oggi pomeriggio a Bruxelles, un’introduzione graduale dei diritti di emissione di CO2 a pagamento come regola generale, invece che come eccezione per alcuni settori industriali più esposti alla concorrenza internazionale, come prevedeva il progetto iniziale della Commissione Ue. Secondo questa proposta di phasing in, di cui Apcom è in possesso, l’industria avrebbe il 70% dei diritti di emissione gratuiti al 2013, per arrivare al 20% nel 2020.

Sarkozy "L’Unione europea non ha alternative ad un accordo a 27 sul pacchetto clima-energia". Lo ha detto il presidente francese Nicolas Sarkozy, al suo arrivo a Bruxelles per il Vertice Ue. "L’Europa non ha altra scelta se non quella di raggiungere un accordo" ha detto Sarkozy. "L’Europa non può dare lo spettacolo della divisione, l’Europa deve essere unita. Quando succede l’Europa vede le sue idee progredire e può imporre i suo ivalori". Quanto alla possibile durata di questo difficile vertice, il presidente francese ha detto secco: "Ci resteremo (al vertice) il tempo che serve". Dello stesso avviso il cancelliere tedesco Angela Merkel: "E' indispensabile per la Germania che il compromesso sul clima non metta in pericolo l’occupazione e la crescita economica". Merkel si dice fiduciosa sulla possibilità di un accordo sul clima oggi al vertice Ue, ma ha detto di prevedere "negoziati difficili".

Italia pronta al veto "Se non riusciremo a ottenere quello che abbiamo chiesto con grande chiarezza sin dall’inizio, siamo pronti a mettere il veto sulla questione clima. Anche se speriamo di non arrivarci". Lo ha affermato il premier Silvio Berlusconi arrivando a Bruxelles per partecipare prima al vertice del Ppe e poi al Consiglio europeo dove si discuterà anche del pacchetto clima-energia. Il premier subito spiega di essere venuto a Bruxelles con l’interesse di difendere le aziende italiane "a rischio" secondo il premier per la decisione Ue di dare un seguito ai protocolli di Kyoto. "Oggi - dice - affrontiamo un Consiglio europeo con molta preoccupazione. Trovo assurdo parlare di emissioni quando c’è una crisi in atto. È come se chi ha la polmonite pensa di farsi la messa in piega...". Il presidente del Consiglio è categorico: "Ci aspetta il compito difficile di convincere gli altri. Oggi - aggiunge sorridendo - mi tocca fare il cattivo, così divento il più antieuropeista di tutti...". Il Cavaliere poi diventa serio e ribadisce: "Prendere una decisione ora mi sembra che sia una cosa abbastanza inopportuna. Sarebbe stato meglio rimandare".

Polonia dura La Polonia è pronta a usare tutti i mezzi, incluso il veto, per ottenere le modifiche richieste al pacchetto clima ed energia. Lo ha detto il ministro polacco per gli affari europei Mikolaj Dowgielewicz. "Se necessario ricorreremo anche al veto" ha detto prevedendo "un Vertice molto lungo".

I punti della bozza I punti essenziali della nuova bozza indica i settori non esposti: entro il 2020 dovranno acquistare a pagamento il 70% dei permessi di emissione, partendo al 20% nel 2013.
Criteri per settori esposti: restano le due soglie del 5% dei costi aggiuntivi provocati dalla direttiva e le 10% dell’esposizione sul mercato internazionale, criteri che devono esser rispettati contemporaneamente. L’Italia insiste rispettivamente per il 3% e l’8%. Si può anche rispettare uno solo di questi criteri, che però in questo caso passano entrambi al 30%, mentre l’Italia chiedeva il 15%. Passa però, sia pure tra parentesi quadra (a indicare che manca l’accordo), la richiesta italiana e tedesca che l’esonero sia del 100%, mentre in un primo tempo la presidenza indicava una forchetta dell’80-100%.
Deroghe a nuovi Stati membri: per il settore termoelettrico, che dovrà pagare i permessi di emissione dal 2013, la bozza prolunga per nove nuovi stati membri (le tre repubbliche baltiche, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria) deroghe fino al 2020 e non, come inizialmente previsto, al 2016. Quella data era una conditio sine qua non anzitutto della Polonia. Si partirà dal 30% per arrivare al 2020 al 100% dell’obbligo di pagamento.
Quote di solidarietà: anche qui rispondendo alle pressioni soprattutto di Varsavia, la presidenza propone di incrementare la quota dei proventi delle aste dal 10% al 12%. Così ai 27 stati resterà l’88% dei proventi, il resto andrà a sostegno dell’ammodernamento dei nuovi stati membri. Va però sottolineato che i criteri che identificano i settori esposti coprono il 90% dei settori industriali che non pagheranno per le quote riducendo nettamente i fondi ottenuti dalle aste da utilizzare per la solidarietà.
Conteggio degli aiuti: formalmente resta nella bozza che gli stati membri possano mettere a proprio credito nei debiti di riduzione di emissioni nazionali il 3% massimo delle emissioni nel 2005 grazie agli aiuti per gli aiuti allo sviluppo ecologico di paesi terzi. Tuttavia, l’Italia strappa un 1% aggiuntivo (dunque un totale del 4%) con una clausola che la inserisce in un gruppo di paesi (oltre al nostro l’Austria, la Finlandia, la Danimarca, la Spagna, il Lussemburgo, il Portogallo, l’Irlanda, la Slovenia, Cipro e Svezia) in quanto rispondono ad alcuni criteri specifici (lo 0,1% del pil di costi aggiuntivi, una quota di oltre il 50% dei trasporti nel totale delle emissioni, obiettivo a lungo termine del 30% di rinnovabili).
Finanziamento della tecnologia: per questo punto la presidenza nell’ultima bozza prevede 150 milioni di euro, ma tra parentesi quadra, a indicare che non vi è accordo.

Il fondo di solidarietà La Polonia e la Germania intendono presentarsi con una proposta comune: istituire un Fondo di solidarietà energetico del valore di 40-50 miliardi di euro, che entrerebbe nelle voci del Bilancio 2014-2020. Una proposta anticipata dall’agenzia di stampa polacca PAP, che riporta fonti vicine ai negoziatori di Varsavia. Il fondo servirebbe al finanziamento di investimenti mirati al risparmio e alla sicurezza energetica, quindi in buona parte a progetti per le rinnovabili. "Si tratta di una possibile svolta - ha riferito la fonte - un cambiamento radicale rispetto allo scontro tra i vari Paesi membri innescato dalla proposta della Commissione europea sul pacchetto Clima".

L’Esecutivo di Bruxelles aveva proposta di destinare il 10% dei proventi dalle vendita all’asta di permessi di emissione di Co2 ai Paesi più poveri dell’Ue (sulla base del pil). Proposta che non piace né alla Germania - tra i Paesi che maggiormente emette Co2 - e alla Gran Bretagna. La Polonia ha avanzato forti dubbi a riguardo, temendo un sistema troppo flessibile e imprevedibile.

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