da Milano
Il numero gratuito che non serve a niente, il numero che a qualcosa serve ma che si paga, e tanto, quasi come un telefono erotico. Succede anche questo, nel mondo del consumerismo all’italiana. Lo abbiamo scoperto provando a contattare il Codacons.
Chiamando il numero verde risponde una cristallina voce di ragazza: «Devi chiamare da un telefono cellulare, ciao!». E la linea cade. Ecco la prima sorpresa: il numero gratuito del Codacons - un «numero per aiutare i cittadini a difendersi» - non può essere chiamato da rete fissa. Al secondo tentativo, effettuato con un cellulare, ecco partire un’altra registrazione, ma questa volta dell’avvocato Carlo Rienzi in persona, il numero uno del Codacons, che subito ricorda all’ascoltatore che può avere «già 500 euro» come risarcimento per la pubblicazione su internet del proprio reddito del 2005. «Basta iscriversi alla newsletter dell’associazione per ricevere il modulo di richiesta risarcimento» sottolinea. Un’informazione certamente interessante, forse data con toni troppo semplicistici: possibile che chiunque, fra trentadue milioni di italiani che hanno visto le proprie entrate sbattute sul web, abbia «già» diritto a ricevere 500 euro? E questi fantomatici 16miliardi di euro di risarcimenti, chi dovrebbe averli «già» messi a disposizione? Se la prima arma di un consumatore per difendersi dai soprusi è una corretta informazione, un’associazione dei consumatori che utilizza un linguaggio da spot televisivo per presentare i suoi servizi rischia di rendere un cattivo servizio. E infine, possibile che per ottenere un risarcimento dovuto a tutti, si debba passare per forza attraverso un agente terzo, e affidargli il nostro nome, cognome, indirizzo di posta elettronica e residenza?
Ma torniamo alla telefonata: quando si potrà parlare con qualcuno in carne e ossa per esporre un problema da consumatore? La risposta arriva coll’avanzamento della registrazione: «Per ricevere gratuitamente informazioni sulle nostre battaglie e iniziative, e sapere come difenderti dai suprusi, premi il tasto uno sul tuo telefonino». Detto fatto. Ma non succede nulla. Non si viene reindirizzati a un centralino, non si parla con un operatore, non si ottiene nulla, tranne la laconica voce registrata - l’ennesima - dell’operatore telefonico: «il numero richiesto è inesistente».
Risultato: due telefonate e nessuna informazione. Come fa il consumatore a parlare con qualcuno? La risposta, sorprendente, si trova sul sito dell’associazione «www.codacons.it»: chiamando l’892.007, «numero unico per appuntamenti e informazioni», si può fissare un incontro con un esperto dell’associazione. Peccato che il numero in questione sia caro - non quanto i famigerati 899, che pure ricorda - ma comunque non certo economico: 1,80 euro al minuto più scatto alla risposta di 12 centesimi se si chiama da rete fissa, mentre da rete mobile il costo aumenta: da 0,18 a 0,30 euro come scatto alla risposta, e da 1,86 a 2,57 euro a minuto. Un costo paragonabile a una messaggeria di appuntamenti.
Ma per Rienzi è tutto ben motivato: sul sito dell’associazione il presidente spiega come il numero a pagamento sia uno strumento necessario per raccogliere fondi visto che «a differenza di altre associazioni di consumatori che hanno la loro sede spesso presso sedi sindacali o addirittura ospedali, il Codacons non ha altri sostegni o appoggi di alcun genere oltre ai contributi dei propri associati». Falso. Il Codacons, come le altre 15 associazioni del Cncu, riceve massicci finanziamenti pubblici che coprono, nel caso dell’associazione di Rienzi, secondo le stime degli esperti del Sole24Ore, il 43% delle entrate.
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